Chi si era adeguato alle elezioni europee come a una sorta di referendum a favore o contro Matteo Salvini, oggi deve fare un conteggio dei voti dove il risultato è impietoso: tutto a favore dei leghisti. A ben guardare si è rivelato un clamoroso autogol di editorialisti, giornaloni e di gran parte della sinistra.
La strategia della “grande informazione” italiana, sia quella cartacea che televisiva, e quella della sinistra, definiva il leader leghista “logoro”, “in difficoltà”, oltre che “fascista”, “uomo dell’onda nera”, quello che “osa impugnare il rosario”. Indubbiamente il ministro dell’Interno occhieggia verso l’estrema destra con una voglia di provocazione indisponente e, a nostro giudizio, molto difficilmente potrà venir fuori qualcosa di buono per il paese da questa impostazione.
Ma ridurre la campagna elettorale a una sorta di tiro al bersaglio verso il “nemico pubblico numero uno”, contestandolo ma mai spiazzandolo sui contenuti, proponendo un’alternativa credibile alla situazione di crisi decennale in cui è precipitata l’Italia e in cui ormai si dibatte la stessa Europa, è come offrire all’avversario una sontuosa campagna di pubblicità gratuita, che forse è pari nella storia solo a quella fatta nei confronti di Donald Trump e, in un settore molto differente, a quella che fu fatta contro Al Capone nella Chicago degli anni Trenta del secolo scorso. Alla fine il gangster, dopo pochi anni di galera, finì i suoi giorni nella sontuosa villa di Miami.
Salvini è un politico schematico, nella media, noto per la sua furbizia. È riuscito a intercettare il “grande imbroglio” finanziario partito dall’America nel 2008, sbarcato in Europa e in Italia, mai risolto nel giro di questi ultimi dieci anni. Non è un caso che, la Lega, partito agonizzante dieci anni fa, sia stato surclassato dalla protesta dei 5 Stelle inventati da alcuni “furboni” della finanza e dei media come la lotta alla famosa “casta”, dopo che l’Italia era già stata abbastanza devastata dal “miracolo di Tangentopoli”.
Alla fine, di fronte alla palese para-comicità del M5s, un partito strutturato come la Lega, che amministra la migliore e più produttiva parte dell’Italia, con quattro parole d’ordine, ha raccolto tutto il risentimento e il rancore dei cittadini italiani gabbati da una classe politica inconsistente, da un sistema finanziario che continua a giocare alla roulette, da una classe imprenditoriale vivacissima ma massacrata da tasse, mancanza di sostegno pubblico e umiliata da una burocrazia e da un sistema giudiziario che è surreale. Tutti questi sedicenti poteri, pilotati soprattutto da finanza e media, con qualche magistrato in avanguardia, hanno spedito la Lega al 34 percento dei voti: robe da Dc della prima repubblica.
In poche parole, senza grandi sforzi, Salvini è diventato il “leader del Pil” in Italia e, con il suo sedicente sovranismo-populismo, è ormai anche un leader europeo, proprio perché è il più chiaro e quindi il più credibile, anche nel suo schematismo penoso, rispetto alla pochezza politica delle élites italiane ed europee. Quelle dei “numeri magici”, per dirla come Mariana Mazzucato, quelle che continuano nelle ottuse e suicide “ragioni della finanza”, che stanno provocando differenze sociali spaventose e crescita quasi zero in tutto il vecchio continente, tranne rare eccezioni, in Paesi che hanno dovuto però passare le “streghe” nel recente passato.
Si pensi alla Grecia, che si poteva salvare con una manciata di miliardi, mentre per salvare le banche europee si sono messi sul conto dei bilanci pubblici quattro trilioni di euro.
Se il panorama politico italiano è ormai sotto la media, con Salvini stravincente e M5s e Pd che si disputano il secondo posto, come il vecchio ciclista Belloni: “Primo Girardengo con Belloni al cù”, si diceva a Milano, il panorama politico europeo, nonostante lo sforzo di tanti benpensanti si limita alla frase ormai entrata nella cosiddetta narrazione “sempre nell’ambito delle Nazioni Unite”. La frase è la seguente: “I populisti non hanno sfondato”.
Bene, Viva. Andiamo avanti. Amen.
Di fatto, Enrico Cuccia, grande e buona anima, diceva che le “azioni si pesano e non si contano”. Ma Cuccia, ahimè, era intelligente, quindi non adatto a questi tempi. Come si fa a sostenere che ci si può confortare con i successi olandesi e le tenute austriache, quando in Francia il sedicente maggior europeista in circolazione, Emmanuel Macron, va sotto Marine Le Pen? Come si può essere tranquilli sul futuro dell’Europa, quando i socialisti della Spd tedesca ottengono il peggiore risultato storico di sempre?
C’è pure il “piccolo” incidente del partito della Brexit, che stravince sui tories e sui labours. “Fatto scontato”, dicono gli esperti di casa nostra. Allora, per il Parlamento europeo accontentiamoci della travolgente avanzata europeista in Lussemburgo.
Adesso verranno i mesi cupi e le danze sui mercati. Ma il problema vero, in attesa che ci sia un un improvviso rinsavimento generale, è che ci si potrebbe almeno accontentare di una spiegazione su come sono andati veramente questi anni. In sostanza, ci vorrebbero forze appena credibili e oneste che dicessero la verità, illustrassero le cause, riconoscessero sul serio gli errori, non si limitassero a “politiche contro”. Sarebbe invece opportuno stilare anche un programma minimo ragionevole, in una situazione economica, sociale politica grandemente compromessa.