Il risultato dei ballottaggi delle elezioni comunali 2024 sembrano il risultato di un set a tennis: 7-5. Sette capoluoghi al centrosinistra e cinque al centrodestra. In altri due capoluoghi di provincia, Avellino e Verbania, hanno prevalso i candidati di liste civiche. Oltre che per i numeri, i progressisti possono esultare anche perché le città vinte hanno un peso maggiore delle altre: esse comprendono infatti tutti i capoluoghi di regione (Bari, Firenze, Perugia, Campobasso, Potenza) in cui si è votato ieri e domenica, che vanno a unirsi a Cagliari dove era bastato il primo turno per insediare un nuovo sindaco di centrosinistra. A queste si aggiungono Vibo Valentia e Cremona.
Bari, Firenze e Cremona hanno confermato ai ballottaggi la maggioranza della precedente legislatura, mentre Perugia, Potenza e Vibo Valentia sono state strappate al centrodestra. Campobasso era amministrata da una giunta targata M5s e ora è tornata a sinistra per poche migliaia di voti: al ballottaggio i candidati 5 Stelle sconfitti al primo turno hanno appoggiato quelli del Pd. Il campo largo vive e lotta insieme a noi. Di sicuro la città molisana diventerà un caso da tenere sotto osservazione, visto che il centrodestra non avrà il sindaco ma in base ai risultati del primo turno potrà contare sulla maggioranza (17 seggi su 32) nel Consiglio comunale.
I ballottaggi hanno dato al centrodestra le città di Caltanissetta, Lecce, Urbino, Rovigo e Vercelli. Anche qui c’è da notare un certo travaso di voti. Fino a ieri Rovigo e Lecce (dove ha vinto l’ottantenne Adriana Poli Bortone, ex ministra e già sindaca del capoluogo salentino per dieci anni) erano amministrati dal centrosinistra, mentre a Caltanissetta si era insediato un sindaco 5 Stelle che si era ricandidato, era arrivato terzo al primo turno (con un notevole 28%) e a quel punto ha deciso di non appoggiare nessuno dei due sfidanti del ballottaggio. A Urbino e Vercelli, infine, sono state confermate le giunte di centrodestra.
Tra i due poli, dopo i ballottaggi, resta un equilibrio di fondo. Ma il vero fatto decisivo è che si rafforza la tendenza degli elettori del centrodestra a disertare il secondo turno, da sempre favorevole al campo progressista. Alle amministrative la pluridecennale storia di governo del centrosinistra premia il partito di riferimento (in buona sostanza, il Pd), che ai voti del primo turno somma il “voto utile” di chi si reca alle urne avendo espresso un’altra preferenza al primo turno. In generale, dunque, si consolida la disaffezione verso le urne ravvicinate: nei 105 Comuni chiamati a rinnovare i sindaci con il ballottaggio, ha votato il 47,7% degli elettori contro il 62,8% del primo turno in concomitanza con le europee. Sono numeri molto bassi, peraltro relativi a una parte d’Italia piuttosto limitata. È comprensibile che Elly Schlein esalti la vittoria, ma appare un tantino esagerato parlare, come ha fatto la segretaria nazionale del Pd, di “vittoria storica” del suo partito, di “irrevocabile bocciatura della destra che governa” e di “messaggio chiaro mandato a Giorgia Meloni”. Il centrodestra mediterà sui suoi errori, ma di sicuro la stabilità del governo nazionale – uscito sostanzialmente confermato dall’esito delle elezioni europee – non è sfiorata dall’esito di questo voto locale. Una cosa sola resta da fare ai partiti della maggioranza: smuovere gli elettori.
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