Sapremo chi sarà il prossimo Presidente degli Stati Uniti solo tra quattordici giorni, ma gli investitori sembrano già sicuri dell’esito. Da diverse settimane e ancora di più negli ultimi giorni è apparso chiaro che i mercati si siano convinti della vittoria di Trump.
Le evidenze di questa “scommessa” vengono portate alla luce dalle principali banche d’affari americane e dagli organi di informazione finanziaria. Stan Druckenmiller, già gestore da Soros negli anni ’90, venerdì in un’intervista a Bloomberg dichiarava che gli indicatori mostrano che il mercato sia “molto convinto” che Trump vincerà.
Sempre Bloomberg notava la correlazione tra l’aumento delle probabilità implicite nelle quote delle scommesse sulla vittoria di Trump con l’andamento del decennale americano. L’aumento dei rendimenti delle obbligazioni governative americane degli ultimi giorni è coerente con uno scenario di politiche fiscali espansive, via taglio delle tasse, e aumento dei dazi che darebbero benzina all’inflazione. Dazi e tagli delle tasse sarebbero due delle certezze di una presidenza Trump. La migliore performance delle azioni rispetto alle obbligazioni validerebbe questo scenario. Non è chiaro, per inciso, quanto il mercato possa tollerare tassi più alti. Questo però è un tema di più lungo periodo che in questa fase cede il passo a considerazioni di breve.
Sulla stessa linea sembrano posizionate anche Goldman Sachs e Jp Morgan. La prima ha costruito due indici che includono investimenti che beneficerebbero di una vittoria di Trump e, nel secondo caso, investimenti che beneficerebbero di una vittoria di Kamala Harris. Il primo indice è ai massimi di sempre e il secondo ai livelli registrati quando Biden era ancora il candidato ufficiale del Partito democratico. Anche Jp Morgan nota che gli investimenti che vengono percepiti come buoni in caso di vittoria repubblicana abbiano sovraperformato quelli scelti in caso di vittoria democratica del 7% nell’ultimo mese.
Questa è la convinzione dei mercati a due settimane dalle elezioni. Nessuno, ovviamente, sa cosa possa cambiare nei prossimi giorni e nessuno può escludere che i mercati abbiano preso una cantonata. La convinzione dei mercati non è condivisa da alcuni sondaggisti che invece danno Kamala Harris in vantaggio. Gli investitori, quindi, non solo non si fidano dei sondaggi ma li reputano completamente sbagliati. Questo disaccordo è interessante a prescindere perché se si votasse domani almeno uno, tra investitori e sondaggisti, verrebbe preso in contropiede. La scommessa su Trump è andata talmente bene, tra l’altro, che gli investitori potrebbero decidere di prendere profitto prima delle elezioni.
Secondo quanto pubblicato ieri dal New York Times, il CEO di Jp Morgan, Jamie Dimon, potrebbe considerare un ruolo in una possibile amministrazione Harris; forse come segretario del Tesoro. Secondo il quotidiano, Dimon non vorrebbe dichiarare pubblicamente questa disponibilità per timore di una ritorsione di Trump in caso di vittoria repubblicana.
L’inflazione, il calo del potere d’acquisto dei salari è uno degli argomenti principali della campagna elettorale e questo, a torto o a ragione, è un problema per l’Amministrazione uscente.
A due settimane dalle elezioni, con i mercati che hanno scommesso su una vittoria di Trump, ogni speculazione è lecita. Una cosa è certa: se hanno ragione i mercati i democratici hanno due settimane per ribaltare la partita iniziando, probabilmente, proprio dai temi economici.
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