Rita Dalla Chiesa, in un’intervista concessa a “Il Giornale”, ha commentato aspramente il modo in cui, abitualmente, viene ricordato suo padre Carlo Alberto. In particolare, la giornalista e conduttrice televisiva ha sottolineato che “non riuscendo a fare i conti con il proprio passato, c’è una politica che ricorda quello che le fa comodo. Non credo che sia un caso che la figura di mio padre sia più associata alla lotta alla mafia che alla sua vittoria sui brigatisti rossi. Se fosse vero, vorrebbe dire che un martire della criminalità organizzata è meno divisivo di colui che ha sconfitto le Brigate Rosse“.
In questi anni, Rita Dalla Chiesa ha confessato di avere assistito spesso, con incredulità e sgomento, a interpretazioni romantiche dei brigatisti, dipinti come ingenui idealisti oppure come vittime di un sistema politico che li manipolava: “Venivano coccolati da un certo tipo di Sinistra che li accoglieva nei salotti, li nascondeva nelle seconde case e arricciava il naso di fronte ai Gruppi Antiterrorismo di mio padre. Noi l’abbiamo proprio vissuta sulla nostra pelle questa ingiustizia perché, dopo mio padre, ho perso mia mamma, morta d’infarto a 52 anni senza avere neanche avuto funerali decenti, dal momento che ci tenevano in caserma per proteggerci e non si poteva uscire”.
RITA DALLA CHIESA: “MIO PADRE HA LOTTATO CONTRO LA CATTIVA POLITICA”
Ancora su “Il Giornale”, Rita Dalla Chiesa ha ammesso di ricordare i carabinieri che “aprivano le corone e distruggevano i fiori per assicurarsi che non ci fosse nascosto un ordigno. Non abbiamo avuto il tempo di piangere nemmeno mio padre ucciso dalla mafia. C’è gente secondo cui noi, i figli del generale, tutto sommato non ce la siamo cavata malissimo, tant’è che abbiamo raggiunto comunque posizioni. È una offensiva sciocchezza: quando uccisero papà io ero già una giornalista professionista, mio fratello Nando era professore universitario e nostra sorella consigliere comunale”.
Il punto è che la figura del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, a detta della figlia Rita, è stata spesso sminuita dalle ricostruzioni televisive: “Degli anni di piombo e del terrorismo rosso non si parla mai. Ricordo quando mi resi conto che l’intero significato della vita e della morte di Dalla Chiesa era centrato tutto e soltanto sulla mafia siciliana. Questo rendeva invisibile tutto ciò che mio padre aveva fatto lottando contro la cattiva politica e i cattivi maestri che fiancheggiarono il terrorismo delle Brigate Rosse”.