Rita Pavone, celebre cantante italiana, ha festeggiato i suoi 60 anni di carriera nel salotto di Verissimo con Silvia Toffanin. “Sento che è facile arrivare a questo punto”, racconta, “ma è un po’ più difficile restare. Ho fatto di tutto, ma mi sarei accontentata di poco”, confessa con la grandissima umiltà che l’ha sempre caratterizzata. E tornando, invece, alla sua celebre carriere è voluto partire da un pochino prima, quando da piccola viveva in una famiglia povera e non credeva che sarebbe mai arrivata così lontana.



“Eravamo in 6 in una stanza“, ricorda Rita Pavone parlando della sua infanzia “ma era una fortuna. Eravamo in Borgo San Paolo e dormivo in un corridoio davanti al bagno. Era una povertà dignitosa, ogni tanto qualcuno bussava per portarci via qualche mobile che serviva altrove, era dura ma abbiamo sempre vissuto con tranquillità, guardando al futuro. Non mi sono mai sentita perduta e mi dispiace solo non aver imparato a suonare il sassofono, ma era già una grazia finire le scuole. La camiceria“, ricorda Rita Pavone del suo primo lavoro, “è stata un’esperienza importante perché stiro ancora benissimo le camice, come fossero uscite da un negozio, ma anche un’esperienza di vita perché sentivo che quel poco che portavo a casa serviva, magari era 1 kg di pane soltanto, ma per me era un contributo importante. Poi è arrivato un successo incredibile”.



Rita Pavone e i suoi genitori dopo il successo

“Non mi sono mai montata la testa”, racconta Rita Pavone, parlando del suo successo improvviso, “mi guardavo dall’esterno e non ho mai capito il fatto di montarsi la testa. Forse proprio perché succedeva qualcosa di talmente nuovo ed importante che anche solo quello mi riempiva il cuore”. Diversamente, però, i suoi genitori vedendo i primi estratti conto, presero il successo con una filosofia un pochino diversa.

“Una persona guadagna 100mila lire al mese, nei primi anni 50, e improvvisamente arriva una figlia che gli porta in banca 250milioni”, racconta Rita Pavone parlando di suo padre, “e questo ti spaventa. Quei soldi erano a nome di mio padre e ha perduto la testa, ha iniziato a sentirsi un po’ montato, ma posso comprenderlo. Capisco che”, dopo una vita di sacrifici, “perda la testa, che pensi di fare qualcosa di diverso. Mia mamma, poveretta, prima di trovare lavoro come sarta lavava i balconi, e giustifico questa loro perdita di coscienza. Lei non aveva mai visto niente, trovarsi nei grand hotel, alle cene importanti, era come sentirsi una regina. Era felice di essere quel qualcosa che non era mai stata”, racconta Rita Pavone.



“Il mio fratellino era rimasto a casa”, ricorda ancora Rita Pavone, “e papà per zittirlo al telefono quando chiamavamo dall’America che non c’era per rispondere, gli dava dei soldi per coprirlo, e lui li scommetteva e perdeva. Per seguirmi non hanno seguito lui, quando si è ammalato io ho lasciato tutto perché non l’ho potuto fare da ragazzina e l’ho fatto adesso. Aveva un problema al cervello che nessuno aveva scoperto prima. Ad un certo punto ha avuto due settimane in cui era pieno di vita, e poi improvvisamente si è sentito male e lui ha detto di chiamare me, è stata la cosa più bella perché ci teneva a me. Ora è sepolto a Como e vado a trovarlo spesso e volentieri, gli parlo ed è bello farlo, il fatto che ha voluto me tra tutti significa che ci teneva molto. Perderlo è stato un grandissimo dolore”.