Nel giorno in cui l’Organizzazione mondiale della sanità puntava il dito contro la lentezza “inaccettabile” con cui stanno procedendo le vaccinazioni anti-Covid in Europa e l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, faceva sapere che senza la prevista consegna delle nuove dosi di AstraZeneca entro 24 ore si dovranno sospendere le somministrazioni, Il Sole 24 Ore riportava ieri le stime del centro Eehta Ceis dell’Università Tor Vergata secondo cui un ritardo di tre mesi nella campagna vaccinale potrebbe avere un impatto negativo sul Pil italiano del 2020 e del 2021 complessivamente pari a 200 miliardi di euro. «Sarei molto cauto di fronte a questa stima», è il commento di Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano.



Perché Professore?

Perché modellizzare econometricamente una situazione così complessa come quella della pandemia, immaginare i possibili effetti che i ritardi nelle vaccinazioni possono avere non è un esercizio facile pur usando la più grande perizia possibile al riguardo. Mi sembra quindi che si possa cogliere questa stima come un’utile raccomandazione sull’importanza di agire rapidamente sulle immunizzazioni, obiettivo che rappresenta comunque un imperativo su cui convergere tutti anche senza dover immaginare di perdere 200 miliardi di Pil. Dobbiamo del resto anche ricordare che il recente Interim economic outlook dell’Ocse contiene previsioni molto positive per l’Italia (+4,1% quest’anno e +4% nel 2022), con tassi di crescita poco distanti dalla Cina per l’anno prossimo.



Possiamo quindi essere ottimisti sulla ripresa dell’Italia?

Basterebbe anche solo ricordare quello che è successo l’anno scorso senza vaccini: abbiamo avuto un rimbalzo significativo del Pil nel terzo trimestre grazie al rallentamento dei contagi dovuto al fattore climatico e alla ripresa del turismo. Questo settore in altri Paesi come la Spagna è molto più dipendente dagli arrivi dall’estero (non a caso ora sta cavalcando una politica abbastanza avventurosa per attrarre turisti stranieri), mentre nel 2020 ci sono stati molti italiani che hanno riscoperto le mete interne e ciò potrà avvenire anche quest’anno. Anche perché la campagna di vaccinazione, a qualunque stadio si trovi, porterà comunque degli effetti positivi.



Il timore è forse che possa esserci un autunno come quello dell’anno scorso da scongiurare tramite un piano vaccinale efficace.

Non bisogna trascurare la modalità con cui lo scorso autunno i diversi Paesi europei hanno reagito alla ripresa dei contagi. La seconda ondata ha colpito inizialmente la Spagna, che si è mossa con una certa velocità adottando misure restrittive, come pure la Francia. L’Italia è stata invece più incerta e titubante e si è persino diffusa l’errata convinzione che i contagi di novembre e dicembre dipendessero dalle discoteche aperte in estate. Mi sembra difficile immaginare che dopo questa esperienza in autunno non riusciremo nel caso a essere un po’ più reattivi, considerando anche come il Governo Draghi sta muovendosi nell’adottare le misure restrittive e nel prevedere le riaperture.

Questo mese il Governo dovrà mettere a punto il Def che conterrà anche il nuovo scostamento di bilancio che servirà per nuovi provvedimenti in favore delle imprese dopo il Decreto sostegni che per molte categorie è apparso insufficiente. Dove occorrerebbe concentrare gli interventi?

Non è facile per i Governi intervenire in frangenti come questi, dove è impossibile ristorare tutte le perdite subite. Non credo ci siano dei modelli vincenti, tenendo anche conto che le risorse sono limitate pur nel quadro dell’allentamento dei vincoli fiscali da parte dell’Europa. Detto questo credo che turismo, ristorazione e alberghiero debbano avere la priorità. Come ha ricordato Draghi, bisogna sostenere un settore come il turismo che non è decotto, ma un pilastro della nostra economia. Dal punto di vista macroeconomico sono comunque fiducioso, ci sono dei numeri interessanti.

Per esempio?

L’edilizia è in forte ripresa è può dare un impulso non indifferente al Pil, visto che muove altri settori, da quelli delle forniture di materiali al manifatturiero. Qualche elemento per confidare sul fatto che le previsioni molto positive dei centri internazionali abbiano poi anche un riscontro reale c’è. Abbiamo visto anche che l’indice Pmi composito dell’Italia è stato il migliore d’Europa.

(Lorenzo Torrisi)

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