BOOM DONAZIONI PER KAMALA HARRIS DOPO IL RITIRO DI BIDEN: COME FUNZIONANO ORA I FINANZIAMENTI

Dall’annuncio ufficiale del ritiro di Joe Biden – con annesso endorsement “forzato” per Kamala Harris – sono tornate a “sbloccarsi” le donazioni per il Partito Democratico in vista delle Elezioni Presidenziali Usa di novembre 2024: se infatti già da ora 500 dei 4700 delegati della prossima Convention Dem del 19 agosto si sono già schierati con la vicepresidente Usa, resta cruciale la tematica dei finanziamenti per capire se e come le donazioni fatte finora per Biden potranno essere utilizzate anche da Kamala Harris.



Fino al mese nero per il Presidente americano – dal dibattito in tv contro Trump al ritiro del 21 luglio – i Dem avevano raccolto 159 milioni di dollari: le resistenze di Biden sul mollare la candidatura avevano visto tutti i grandi finanziatori stoppare le donazioni in attesa di un “cambio della guardia” per la corsa alla Casa Bianca. Dopo l’annuncio del Presidente democratico, i rubinetti delle donazioni sono ripresi fluenti con quasi 60 milioni di dollari raccolti in meno di 24 ore: da Soros a LinkedIn passando per altri grandi “filantropi” Dem tra Hollywood, Broadway e Wall Street, non si fermano le donazioni per Harris.



Resta però da capire un “dettaglio” tutt’altro che in secondo piano per la legittimità della candidata ancora non ufficiale per la Casa Bianca: Kamala potrà utilizzare realmente tutti i fondi elargiti dai vari finanziatori prima del ritiro? Secondo i dati in arrivo dalla Federal Election Commission, Kamala Harris e il suo prossimo vicepresidente (ancora da scegliere qualora fosse confermata candidata ufficiale) «possono continuare a utilizzare i fondi esistenti della campagna per le elezioni generali se la candidata democratica sarà il candidato alla presidenza o alla vicepresidenza»: così ha spiegato in una nota ufficiale Trevor Potter, presidente del Campaign Legal Center.



LE REGOLE SULLE DONAZIONI DEM E I PALETTI PER IL PROSSIMO CANDIDATO: RISCHIO ILLEGGITTIMITÀ PER KAMALA?

Restano però scenari tutt’altro che chiari sul futuro immediato della campagna elettorale Dem verso le Elezioni Presidenziali Usa del 5 novembre 2024: se infatti Kamala Harris non dovesse alla fine diventare la candidata alla convention di Chicago, le regole federali attuali consentirebbero il trasferimento fino a massimo 2mila dollari ad un altro candidato. Un numero irrisorio per la mole di costi che una campagna per le Presidenziali impone ad ogni candidato: in alternativa, spiega ancora Potter al “Wall Street Journal”, «la campagna di Biden può offrire un rimborso ai suoi donatori, oppure può trasferire i suoi fondi al partito democratico nazionale o ai partiti statali».

I comitati di partito sono autorizzati dalle regole della FEC a poter spendere alcuni fondi in coordinamento con l’eventuale candidato alla Presidenza, ma è assai improbabile che il Partito Repubblicano di Trump lasci correre l’occasione per contestare la legittimità dell’eventuale azione: secondo Charlie Spies, ex consigliere del Comitato nazionale repubblicano e presidente della Commissione elettorale federale, con il ritiro di Biden prima dell’ufficiale nomination impone un trasferimento di fondi «al massimo fino a 2mila dollari per Kamala Harris». Se fosse così, la futura candidata Presidente potrebbe contare solo sulle donazioni in arrivo dal 21 luglio in poi: non solo, i rimborsi di alcuni finanziatori potrebbero essere richiesti in breve, senza ancora che la convention Dem abbia definito chi sarà il prossimo candidato, con Kamala Harris che potrebbe perdere circa 1 mese di tempo forse decisivo per la campagna elettorale giù più imprevedibile degli ultimi 50 anni.