Telefonare in Ucraina a volte vuol dire sentirsi rispondere: “Possiamo risentirci più tardi? Le sirene stanno suonando, ci potrebbe essere un bombardamento”. Così è la vita in guerra. E per il popolo ucraino è diventata normalità. A Brovary, una città alla periferia orientale di Kiev, la situazione adesso è tranquilla: “L’esercito russo è andato via, ora ci sono le forze della polizia di stato che ci tranquillizzano, mentre cominciano a tornare le persone che erano scappate all’inizio della guerra” ci dice padre Roman Laba, parroco della chiesa della Vergine Maria del Perpetuo Soccorso a Brovary.
Se in quella città, a parte alcune case distrutte dai bombardamenti, non si sono registrate molte vittime tra i civili, nelle campagne la situazione è diversa, come ci spiega padre Laba: “Moltissime case sono state rase al suolo nei combattimenti e dai carri armati russi, e molti civili risultano essere stati uccisi. Domani andrò a vedere di persona in un villaggio qui vicino: la nostra paura è che possano anche lì essersi verificate delle stragi di civili come a Bucha”.
Come state? L’esercito russo si è davvero allontanato?
Stiamo bene, la nostra regione è stata liberata, le persone stanno tornando per cercare di riprendere il lavoro e per verificare se le loro abitazioni sono ancora in piedi.
A Brovary ci sono stati grossi combattimenti?
Sì, i carri armati russi erano entrati in città, ma le nostre forze sono riuscite a respingerli. Quelle immagini video trasmesse in tutto il mondo, dove si vede una colonna di carri armati russi colpiti dai nostri droni, sono state girate proprio qui. I russi sono dovuti fuggire, subendo molte perdite. Anche il loro comandante è stato ucciso.
La popolazione come ha reagito in quei momenti?
Abbiamo assistito a gesti davvero eroici. Una famiglia con quattro figli, tra cui uno affetto da sindrome di Down, che gestiva un forno in cui erano impegnati ragazzi con disturbi mentali, così da aiutarli nella crescita e nell’inserimento lavorativo, si è messa a sfornare pane gratis per tutti coloro che ne avevano bisogno e per gli ospedali. In cambio chiedono solo una preghiera, e anche chi non è credente chiede di pregare per lui.
Ci sono stati episodi come a Bucha, che lei sappia?
In città no, ma nella campagna circostante la situazione è diversa. Nelle campagne moltissime case sono state distrutte e molte persone sono state uccise. C’è un villaggio qui vicino che domani andrò a visitare per capire se si è consumata una strage anche lì.
Temete che possa essere successo?
Sì, ne sono sicuro.
Che idea si è fatto di quel che è accaduto a Bucha? Forse i soldati russi hanno ucciso tutti coloro che si rifiutavano di accettare l’occupazione militare?
La mia idea è che i russi abbiano voluto lanciare un messaggio, una minaccia, per mettere paura a tutti: guardate che quello che è successo a Bucha lo possiamo fare in ogni città. Un messaggio terroristico per tenere la popolazione sottomessa.
Gesti simili possono solo accrescere l’odio fra russi e ucraini? Da sacerdote, come vive questa situazione?
La situazione è molto difficile. Come sacerdote posso dire che il problema del male è molto complicato da affrontare, perché noi normalmente guardiamo a quello che succede dalla nostra prospettiva terrena. Dio invece guarda con la prospettiva della vita eterna. La maggior parte delle persone pensa alle preoccupazioni di ogni giorno: il lavoro, la vita, il cibo…
Come si conciliano le due cose?
Sono sicuro che Dio soffre con noi. Nell’Antico Testamento c’è il libro di Giobbe, che è la storia di un uomo giusto che soffre ogni tipo di ingiustizia. Dio permette questa sofferenza per la sua salvezza: saper vivere e affrontare queste sofferenze è una grazia da chiedere.
Gesù ci ha insegnato il perdono, in questa situazione quanto è difficile da accettare?
Sì, ma il perdono non è un sentimento. Anche quando Gesù dice che dobbiamo amare i nostri nemici, non vuol dire sentimentalismo, un gesto di buonismo, significa che io voglio che la volontà di Dio si realizzi, che venga accolta da queste persone, dai miei nemici. Il perdono è un atto della nostra volontà, ma non è possibile con le nostre forze soltanto, bisogna chiedere la Grazia di Dio.
Come stanno psicologicamente le persone che stanno tornando a casa?
La situazione psicologica di chi torna è abbastanza buona, però tutti sentono un grande senso di colpa per essere andati via. Sono in condizioni più difficili rispetto a chi è rimasto.
Lei ora avrà un grande lavoro da compiere per sostenere queste persone…
Dio provvede. Non io.
(Paolo Vites)
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