La Francia assicura: «Non è eutanasia». Ma fa discutere la decisione di estendere l’uso del Rivotril per i malati terminali di coronavirus. Il governo ha infatti reintrodotto la possibilità di somministrare questo farmaco, solitamente impiegato contro l’epilessia, a domicilio e nelle case di cura, spiegando che si tratta di una cura palliativa contro la sofferenza da asfissia negli ultimi istanti delle vittime di Covid-19. Per limitare l’accesso agli ospedali, la Francia da settimane ha mobilitato i medici di base affinché si prendano cura dei casi meno gravi, ma l’epidemia si è diffusa e il numero delle vittime è salito oltre quota 10mila. Ci sono poi morti in casa, vittime che non hanno ricevuto assistenza ospedaliera. Per questo il governo francese il 28 marzo ha emanato un decreto che autorizza l’uso del Rivotril anche al di fuori degli ospedali. Prima infatti non era possibile. Il sindacato Jeunes Medecins ha chiesto al Consigli di Stato di sospendere il decreto, perché il Rivotril porterebbe un malato terminale di coronavirus alla “sedazione terminale che provoca la morte”.



RIVOTRIL PER MALATI TERMINALI CORONAVIRUS: POLEMICHE IN FRANCIA

Eutanasia autorizzata sotto altre spoglie? Questo il sospetto. Ma per il governo e in particolare il professor Olivier Guérin, presidente della Società francese di geriatria e gerontologia, non è ciò di cui si tratta. «L’uso del Rivotril non è affatto facilitato. Bisogna rispettare lo stesso protocollo, solo che prima poteva essere somministrato solo in ospedale», ha dichiarato al Quotidien du Médecin. In Francia c’è però una legge, la Claeys-Leonetti del 2016, che tutela il diritto a una morte nella dignità e senza sofferenze. Quindi niente eutanasia o suicidio assistito, ma «una sedazione profonda e continua» fino alla morte dei malati in fase terminale. Tale legge disciplina anche il ricorso a farmaci a base di morfina per alleviare le sofferenze nei malati di cancro. Ora il decreto del 28 marzo risponde alla stessa esigenza e la allarga ai pazienti affetti da Covid-19 che si trovano nelle case di riposo o nel loro domicilio, trovandosi così ad affrontare le ultime ore senza cure palliative.

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