Vittorio Rizzi, oggi vicecapo vicario della polizia di Stato e in passato capo della Mobile di Roma, su La Verità parla di come sia cambiato il mestiere nel corso degli anni: “L’evoluzione tecnologica ha dato una forte accelerazione a una serie di tecniche d’investigazione forense, con possibilità di riconsiderare alcuni casi del passato. Tra il 2005 e il 2006 ho iniziato a sperimentare le investigazioni sui casi pregressi. L’idea piacque all’allora direttore del servizio centrale operativo, che la costituì a livello nazionale”. Questo spesso ha dato modo di restituire “giustizia alle vittime. Dal punto di vista etico è una cosa straordinaria”. Si trattava di casi rimasti insoluti anche per 10-15 anni.



Come sottolinea Rizzi, per farlo “bisogna adattare l’attività investigativa allo stato dell’arte dell’epoca. Il primo lavoro è riguardare i fascicoli”. L’affinamento delle nuove tecnologie “è fondamentale e determinante. Agli inizi del Novecento, un criminologo e medico francese, Edmond Locard, enunciò il “principio di Locard”: quando un criminale entra in un ambiente lascia qualcosa di sé in quell’ambiente e quell’ambiente lascia qualcosa sulla persona. All’epoca si potevano trovare un guanto, un capello, ma non so che cosa ci si potesse fare… Oggi, se l’investigatore trova una cellula, può valorizzarla attraverso l’esame del Dna, insieme a molte altre informazioni”.



Vittorio Rizzi: “Oggi la scena del crimine non viene più inquinata”

Per risolvere delitti datati può essere utile il ricorso, oltre al Dna, di altre tecniche come “la balistica. Non sono cresciute le banche dati del Dna” spiega Vittorio Rizzi, vicecapo della polizia di Stato. Per definire i casi irrisolti, invece, “sono selezionati sulla base di quante probabilità ci sono di risolverli, alla luce delle tracce ancor oggi disponibili. Si lavora su casi risolvibili. Le vittime sono tutte uguali”. Può accadere anche di non ottenere un risultato. Il risultato, infatti, “non si può garantire”. In vecchi delitti, spesso, le scene del crimine sono state compromesse da modi di agire scorretti o maldestri: “Sulla scena del crimine oggi si seguono linee guida validate Iso 9001″ spiega.



Infatti “chi va sulla scena del crimine non solo adotta tutti i dispositivi di protezione individuale necessari, ma procede secondo una metodologia impostata su linee guida che ne accerta la corrispondenza con standard internazionalmente condivisi” sottolinea Rizzi. Il caso che ha richiesto le indagini più lunghe e complesse è quello “dell’omicidio di Marco Biagi, perché si trattava di un attentato terroristico, studiato ed elaborato nei minimi particolari, con un’attività di preparazione di quasi due anni. Una cosa è investigare su un delitto d’impeto e, un’altra, è lavorare su una premeditazione di due anni da parte di una formazione terroristica che fa dell’anonimato e della sua sicurezza la propria mission. Li abbiamo arrestati tutti”.