Associare “La fabbrica di cioccolato” a Johnny Depp, l’attore protagonista del film omonimo, diventa quasi naturale. In realtà, la pellicola si ispira al libro scritto da Roald Dhal, celebre anche per il personaggio di Matilda di “Matilda 6 mitica” e per il testo “GGG – Il grande gigante gentile”. Tra i punti di forza del suo modo di lavorare c’era proprio la capacità di avvicinarsi alle giovani generazioni con un linguaggio che permetteva di entrare al meglio nel loro mondo.



Nessun linguaggio troppo buonista, ma anzi la volontà di parlare in maniera concreta in modo tale che i bambini sappiano che nel mondo esiste anche il male, ma da non interpretare necessariamente come una tragedia. Il messaggio che l’autore vuole lanciare è proprio quello di imparare ad affrontare le situazioni più tristi con occhi diversi, come un’opportunità inaspettata di crescita personale.



Roald Dahl e il successo de “La fabbrica di cioccolato”: perché il libro non stanca mai

“La fabbrica di cioccolato” piace ancora oggi perché trae ispirazione da una storia vera, quella del suo autore. Dhal ha infatti preso spunto da un’esperienza che lui ha vissuto quando era solo un bambino e frequentava la Repton School. In quel periodo la fabbrica di cioccolato Cadbury inviava agli studenti una confezione di dolci come omaggio.

Non si trattava però di un omaggio fine a se stesso: ogni destinatario aveva infatti poi il compito di dare un voto a quanto aveva ricevuto subito dopo averlo assaggiato. Solo quelle che ottenevano il voto più alto venivano poi messe in commercio, a conferma della considerazione che gli addetti dell’azienda avevano per i loro potenziali clienti. Non tutti sanno però come esista anche un sequel, seppure meno celebrato, de “La fabbrica di cioccolatoIl grande ascensore di cristallo“, pubblicato nel 1972.