Con l’entrata nel vivo della campagna elettorale negli USA che a novembre saranno chiamati al voto per eleggere il nuovo presidente, si fa sempre più strada il nome di Robert Francis Kennedy – figlio di Bob e nipote dell’acclamato John Fitzgerald – vicino a quelli di Donald Trump e Joe Biden: un volto nuovo, inizialmente guardato con diffidenza sia dalla politica che dall’elettorato, ma che ora ha raggiunto il 10% delle preferenze nei sondaggi. In un evento a New York per raccogliere fondi e firme per la sua candidatura, Robert Kennedy si è concesso anche un momento per parlare con i giornalisti, tra i quali un inviato di Repubblica che ha indagato le sue intenzioni politiche.
Partendo dalle accuse di complottismo mosse dagli avversari e dai detrattori, ricorda che “avevo detto che i vaccino contro il Covid non fermavano la trasmissione della malattia” e specifica che “se essere complottisti significa sfidare l’ortodossia, lo rivendico”. Passando subito ai suoi avversari, Robert Kennedy rivendica che “nelle sfide a due batto tanto Biden, quanto Trump“, ma di contro “perdo nelle sfide a tre perché entrambi puntano sulla paura” e scoraggiano gli elettori dal votarlo perché sprecherebbero un voto con il rischio di far vincere il loro rispettivo avversario.
D’altronde, secondo Robert Kennedy Biden e Trump “sono molto simili nelle politiche economiche e di sicurezza” e si differenziano soprattutto per l’approccio alla “guerra culturale“, quella woke: su questo tema, che secondo il candidato “è una minaccia esistenziale per l’America”, serve un “presidente capace di riunificare il Paese“, rivendicando che “solo io sarei in grado di farlo”.
Il piano di Robert Kennedy per Cina, Ucraina e Israele
Passando all’attualità americana e alle sue future volontà una volta giunto alla Casa Bianca, parte dal dirsi “favorevole alla libertà di parola” anche se espressa in manifestazioni universitarie anti-israeliane; mentre sulla guerra in corso a Gaza sottolinea che “Israele è stato attaccato da Hamas durante gli ultimi 16 anni” e, seppure “sono contrario alla guerra”, secondo Robert Kennedy Tel Aviv “ha il diritto e il dovere di difendersi”. Guardando al futuro di Gaza, sostiene la necessità di “creare lo Stato palestinese e sostenerlo con un Piano Marshall”, ma solo se il controllo passa ad “un’altra leadership” perché dietro ai problemi dei palestinesi c’è innanzitutto “la cleptocrazia” dei vertici di Hamas.
Il candidato è anche molto chiaro sulle sue intenzioni per l’Ucraina, dove è certo che riuscirebbe a “chiudere la guerra molto rapidamente“, riferendosi – ma senza “rivelare la mia strategia”- a un accordo firmato tra Putin e Zelensky nel 2022, “cancellato su richiesta degli USA perché volevano logorare le forze armate russe”. D’altronde, Robert Kennedy ricorda che fu suo zio a calmare le acque con Cuba nella famosa crisi missilistica e oggi più che mai pensa che serva “quella lungimiranza”. Infine, sul capitolo Cina si posizione in controtendenza con Trump e Biden, sostenendo che “Pechino vuole competere con noi sul piano economico [e] qui dobbiamo sfidarla e batterla”.