Il primo ministro slovacco Robert Fico qualche giorno fa è finito al centro di un secondo (per ora, è bene precisarlo, presunto) attentato ordito da un uomo che stava per prendere parte all’evento commemorativo per l’80esimo anniversario della battaglia che si tenne – nel corso della Seconda guerra mondiale – sul passo del Dukla nell’allora Cecoslovacchia dove il primo ministro era atteso assieme al presidente Peter Pellegrini e ad altri esponenti del governo: fortunatamente – a differenza dello scorso maggio, ma ci torneremo a breve – Robert Fico ne è uscito del tutto illeso dato che l’uomo sarebbe stato arrestato mentre provava ad accedere all’area riservata al pubblico della commemorazione.



A raccontare l’accaduto è stato lo stesso Roberto Fico in un’intervista per il quotidiano locale Standard, spiegando che l’uomo sarebbe stato individuato ai controlli di sicurezza con una pistola carica ed immediatamente arrestato, mentre non è chiaro dove si trovi attualmente e neppure chi sia: la ragione dietro al presunto attentato – spiega sempre il primo ministro nella sua intervista – sarebbe legata alle sue posizioni nei confronti dell’Ucraina.



Il primo attentato contro Robert Fico e la lunga convalescenza: cosa è successo

Insomma, seppur il secondo attentato a Robert Fico sia stato – fortunatamente – sventato è chiaro che la notizia riapre ai terribili ricordi dello scorso maggio quando il primo ministro venne colpito da una scarica di cinque proiettili mentre si trovava nella città di Handlova – poco distante dalla capitale Bratislava – per la consueta riunione del governo slovacco: il premier venne attinto da tutti e cinque i proiettili all’addome, mentre l’attentatore fu immediatamente bloccato dalla rapida reazione degli agenti della sicurezza.



A causa dell’attentato, Robert Fico fu sottoposto immediatamente ad un delicato intervento chirurgico e fu costretto a trascorrere diverse settimane in ospedale prima di tornare sulla scena pubblica con un feroce attacco contro l’opposizione che – almeno, secondo lui – aveva organizzato la sparatoria potenzialmente mortale; ma disse anche di aver perdonato il suo attentatore (nel frattempo incarcerato nella città di Pezinok) e di non essere intenzionato a denunciarlo.