Contro di lui sono stati esplosi quattro colpi, tre dei quali lo hanno raggiunto, due a un braccio e uno all’addome. Per questo il premier della Slovacchia Robert Fico, 59 anni, dopo essere stato in pericolo di vita ed avere subìto un delicato intervento chirurgico, è in coma farmacologico nell’ospedale Roosevelt di Banska Bystrica. L’autore dell’attentato, Juraj Cintula, 71 anni, bloccato e arrestato dalla polizia, è entrato in azione a Handlova, a 200 chilometri dalla capitale Bratislava sparando a Fico dopo una riunione del governo che si era tenuta in quella località.



In attesa di saperne di più sull’attentato e sulla figura dello sparatore, oltre che di eventuali suoi complici, va ricordato che Fico è un politico decisamente fuori dagli schemi e lontano dalle simpatie di Bruxelles. La Slovacchia – soprattutto dopo l’elezione a presidente di Peter Pellegrini avvenuta in aprile, con un voto popolare che di fatto ha confermato quello politico espresso per Fico dell’anno scorso – è diventata infatti una nazione politicamente filo-russa e più vicina all’Ungheria di Orbán che alla linea ufficiale europea.



Non è un caso che proprio la Serbia, l’Ungheria e la Russia siano stati i prima Paesi ad andare oltre la solidarietà generale e a disegnare possibili trame dietro l’attentato a Fico, ipotizzando che si volesse “far fuori” un personaggio controverso ed ostile ai vertici europei.

Fico è tornato capo del governo nell’autunno dell’anno scorso per la quarta volta come leader del Partito socialdemocratico, dopo che negli ultimi cinque anni ben cinque diverse coalizioni si erano alternate a Bratislava, tanto che l’elettorato aveva scelto Fico proprio per un auspicato ritorno alla stabilità.



Non tragga in inganno il nome ufficiale del partito: il leader slovacco (“sospeso” dai socialisti di Bruxelles) è da sempre molto critico con la Ue, è dichiaratamente per una chiusura dell’Europa agli immigrati, molto freddo sui diritti LGBTQ+ e soprattutto non nasconde le sue simpatie per Putin, anche se ha aperto ad aiuti umanitari (ma non militari) all’Ucraina, ribadendo ancora di recente la necessità di avviare immediati colloqui di pace.

Ribadendo il suo “no” ad aiuti militari, Fico ha tra l’altro dichiarato più volte di volere lavorare per arrivare a un compromesso “per non permettere più a due popoli di uccidersi reciprocamente”. Figura molto controversa e divisiva in patria e all’estero, Robert Fico è l’attuale leader di un partito di ispirazione socialista in cui convive anche un’anima nazionalista. È il suo ennesimo ritorno alla guida del Paese, visto che è già stato primo ministro tra il 2006 e il 2010 e poi tra il 2012 e il 2018.

Eletto giovanissimo per la prima volta in parlamento già nell’ormai lontano 1992, Robert Fico militò in quello che era una sbiadita fotocopia dell’ex partito comunista slovacco ancora ai tempi della Cecoslovacchia unita, poi – nel 1999 – fondò un proprio partito, lo Smer (“Direzione Socialdemocrazia”).

Mantenendo una posizione di centro-sinistra, Fico divenne il politico di opposizione più seguito in Slovacchia vincendo le elezioni del 2006 con il 29,1% dei voti. Andato al governo varando un’inedita alleanza con il PNS, il Partito Nazionale Slovacco (allora espressione dell’estrema destra e di un’area cattolico-tradizionalista ben radicata nel Paese), Fico fu leader fino al 2010 ed avviò tra l’altro la Slovacchia sul cammino dell’euro poi introdotto nel 2009. Perse le successive elezioni e tornò all’opposizione, ma con il suo partito uscì nuovamente vittorioso sia nelle elezioni del 2012 che in quelle del 2016.

Durante il suo terzo mandato il suo partito fu travolto da una serie di scandali sull’utilizzo dei fondi europei e indirettamente coinvolto nell’omicidio del giornalista Ján Kuciak che indagava proprio su quelle tangenti. Seguirono grandi proteste di piazza in una sorta di “Mani pulite” slovacca e alla fine Fico dovette dimettersi. Pochi avrebbero allora scommesso su un suo ritorno vincente ed invece la sua vittoria l’anno scorso è stata consolidata nelle elezioni del 6 aprile di quest’anno, quando il suo alleato ed ex collaboratore Peter Pellegrini ha battuto con oltre il 53% dei voti Ivan Korkok, già ex premier e leader del partito liberale “libertario” di “libertà e solidarietà”.

Pellegrini entrerà però ufficialmente in carica solo il prossimo 15 giugno ed è evidente come l’attentato a Fico abbia ora reso incandescente la situazione.

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