“Benno Neumair bugiardo e lucido”

A Ore 14 tiene banco il caso di Benno Neumair in attesa della sentenza dopo i tre giorni di processo. Sarah Viola, psicoterapeuta, commenta: “Dobbiamo cominciare ad ascoltare un silenzio. Un delitto si cova negli anni. Può essere che Benno abbia un disturbo narcisistico della personalità ma non ti mette non-in grado di decidere con la realtà. Quindi sei tu che scegli deliberatamente di uccidere qualcuno. I giovani non parlano, non ti dicono che stanno per ucciderti. Passano all’azione. Bisogna ascoltare i silenzi”.



Roberta Bruzzone spiega: “Aveva dimostrato già ampiamente la sua pericolosità e la sua propensione a mentire. Si era inventato un’aggressione in Germania con l’ex fidanzata, addirittura inventando di avere il sangue sul volto. Aveva rubato la carta di credito alla sua fidanzata e creato uno scenario alternativo. Io sono assolutamente d’accordo con la Procura, sillaba per sillaba. I periti del Gip sostengono che forse seminfermo per il delitto del padre, scenario che io non condivido, ma pienamente capace per il delitto della madre. Il problema è che lui non solo era lucidissimo nel primo delitto. I genitori di Benno vivevano la notte chiudendosi in camera, lui era molto aggressivo con loro. Ci sono messaggi che si scambiano con la figlia dicendo di non litigare mai con lui quando erano soli in casa. Mi risulta davvero difficile che sia stato il padre ad aggredirlo. Per strangolarli si era procurato qualcosa. Questo signore era lucidissimo dall’inizio alla fine. Ha depistato in tutti i modi in cui era capace. Mi auguro che la Corte non ci sia cascata e proceda diretta verso l’ergastolo“.



“Denuncia senza reato? Non possiamo fare niente”

“La posizione di Bruzzone è condivisibile. Mi chiedo perché una famiglia che stia male da anni, non si rivolga a qualcuno”, commenta la psicoterapeuta Sarah Viola. Roberta Bruzzone sottolinea che la famiglia di Benno aveva provato a aiutare il figlio con un supporto psicologico: “Si sono attivati e in maniera piuttosto robusta ma lui non collaborava”. Secondo la psicoterapeuta, c’è un problema proprio nel sistema – come visto anche nel caso di Alberto Scagni -: “La risposta è sempre la stessa: ‘Se non è successo ancora niente, non possiamo fare ancora niente. Ma quando succede qualcosa non possiamo fare più niente’. Allora qualcuno ci deve aiutare prima”.



Parole che trovano d’accordo anche la criminologa, che spiega come in Italia vi sia un vuoto normativo che nel caso di denuncia in assenza di reato, lega le mani. Se un reato non è commesso, se c’è una denuncia ma non c’è un comportamento penalmente rilevante, lì purtroppo siamo nel vuoto normativo. Se il soggetto non è autore di reato e il soggetto non vuole collaborare, non possiamo fare niente. Servirebbe una misura di sicurezza preventiva, bisognerebbe inventarsi un procedimento” conclude Roberta Bruzzone.