Da ieri sera Antonio Logli si trova in carcere, dove dovrà scontare una condanna a venti anni per uccisione della moglie Roberta Ragusa e distruzione del suo cadavere. E’ stato così accolto dalla Corte di Cassazione di Roma quanto era stato deciso nei processi di primo e secondo grado. “Una sentenza” ci ha detto l’avvocato Carlo Taormina, difensore in casi di primo piano come il delitto di Cogne o, anche se siamo in alto ambito, di Silvio Berlusconi “che si commenta da sola, e che fa ritornare alla mente il vecchio adagio, ‘poca prova poca pena’”. Paradossalmente, ci ha detto, è una pena di poco conto rispetto a quello di cui è accusato Antonio Logli, in sostanza aver ucciso la madre dei propri figli e che visto che è stata accolta questa accusa, “vent’anni di carcere non sono una pena corrispettiva per la gravità del fatto”. Come già detto dal professor Meluzzi ieri sempre al Sussidiario, cioè, si procede a condanne anche in mancanza di quella che Taormina definisce “la prova positiva anche indiziaria che è alla base del nostro ordinamento legale, una cosa che personalmente definisco aberrante”. Risalendo agli inizi della faccenda, ci ha spiegato “siamo partiti da una sentenza a non procedere su signor Logli, cambiata poi dalla Cassazione che ha chiesto fossero riaperte le indagini che invece erano state considerate chiuse dalla Procura”. Va anche ricordato, dice ancora Taormina, che la decisione di non procedere era basata sul fatto che non si era in grado di dire se la signora Logli fosse stata uccisa o meno. Questo significa che si è voluti arrivare a tutti i costi a una condanna esemplare? “Tutto il sistema di accusa è basato su alcune testimonianze, in particolare quella del giostraio Loris Gozi, quest’ultima mi pare francamente abbastanza poco per poter dire che sia stata fondamentale”. Quindi? “Ci si è basati ancora una volta sulla base del ‘non potersi escludere che’, in questo caso che ‘il Logli non si può escludere sia colpevole’. Data la situazione complessiva e la mancanza di ragioni utili a dire che cosa possa essere successo ecco che si arriva a sentenze come quella di ieri sera”.

CARLO TAORMINA: “SENTENZA BASATA SUL ‘NON SI PUO’ ESCLUDERE CHE…'”

Taormina cita il caso del processo Silvio Berlusconi, “un caso basato completamente e impostato fino alla sentenza sul ‘non si può escludere che’, cioè che fosse colpevole. Credo che muoversi in questo modo sia aberrante”. Sempre più spesso ultimamente aumentano i casi di condanne nonostante la mancanza del cadavere. In caso ci siano “prove schiaccianti” questo non deve essere considerato un ostacolo alla giustizia, ma in casi come quello di Logli dove invece le prove sono molto fragili? Proprio nelle ultime ore sono state arrestate delle persone ritenute responsabili della morte dell’imprenditrice Maria Chindamo, scomparsa da tre anni: “In assoluto dire che la mancanza del corpo della vittima possa escludere qualsiasi situazione giudiziaria è sbagliato, ma in questo caso e altri, è un presupposto debole fatto per esclusioni più per l’assenza della prova positiva. Il nostro ordinamento ricordiamoci è basato sull’esistenza della prova positiva ancorché indiziaria, elemento fondamentale del regime giudiziario. La mancanza del cadavere in questo caso significa non disporre della certezza dell’uccisione”. E’ quello che è successo nel caso Garlasco, conclude l’avvocato, “di fronte alla necessità di prendere atto che manca la prova positiva della responsabilità dell’imputato si prendono questi compromessi giudiziari”.