È stata dichiarata inammissibile la richiesta di Antonio Logli di revisione della sentenza di condanna a 20 anni di reclusione per l’omicidio della moglie Roberta Ragusa, confermata in Cassazione nel luglio 2019. È giunta in data odierna la decisione della terza sezione penale della Corte d’Appello di Genova, i cui giudici hanno quindi ritenuto che il testimone Gozi sua attendibile, mentre non lo siano i detenuti che lo hanno accusato di avere detto il falso.

Ricordiamo che Roberta Ragusa, 45 anni, sparì ormai quasi undici anni fa, nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012, da San Giuliano Terme, in provincia di Pisa, e il suo corpo non è mai stato ritrovato dagli inquirenti. Antonio Logli, accusato della sua uccisione e condannato a due decenni di carcere, si è sempre dichiarato innocente.

ROBERTA RAGUSA, RESPINTA LA RICHIESTA DI REVISIONE PROCESSO DA PARTE DI ANTONIO LOGLI. LA DIFESA: “NON CI FERMEREMO”

Tuttavia, il team legale che difende Antonio Logli ha già annunciato che non si fermerà. Intervistata da Fanpage.it, la criminologa Anna Vagli, consulente tecnico della difesa, ha asserito: “Come già anticipato dall’avvocato Vernazza, che al momento versa in una particolare condizione di salute, faremo ricorso in Cassazione. La corte di appello di Genova ha infatti ammesso le parti civili lo scorso 5 dicembre, cioè l’associazione ‘Penelope’ e le cugine di Roberta Ragusa, d’accordo con la Procura generale, pur in una fase, come quella, ovvero rescindente, nella quale chiedevamo l’ammissione di nuove prove per aprire un nuovo processo, in cui non avevano diritto di esserci, come stabilito da giurisprudenza di cassazione a sezioni unite”.

Questo è il motivo per cui, ha sottolineato Vagli, respinta l’istanza faremo ricorso per Cassazione, perché vorrà dire che la giurisprudenza, dopo 20 anni, è cambiata. L’obiettivo è di essere assegnati a una nuova sezione della Corte d’appello di Genova per ridiscutere l’istanza. Sapevamo delle difficoltà connesse all’istituto della revisione, ma è una delle facoltà previste dall’ordinamento che abbiamo esercitato”.