Nuovi aggiornamenti sulla scomparsa di Roberta Ragusa, della quale non si hanno più notizie dal 2012. Come vi abbiamo raccontato, l’ex luogotenente dei Ros in congedo Baldassare Sciuto ha sviluppato una sua teoria, che chiama in causa un «inceneritore che fino a due anni fa era attivo e che da due anni è fermo: all’epoca della scomparsa di Roberta Ragusa era attivo». All’epoca dei fatti, sette anni fa, si disse che non avrebbe potuto bruciare un corpo, ma è anche difficile ipotizzare che venga individuato da un addetto o da dispositivi elettronici un corpo finito in un compattatore. «Io penso che Roberta Ragusa abbia perso i sensi o sia morta, e sia stata portata in uno dei secchioni dell’immondizia di via Gello», ha confermato Sciuto, sottolineando che «all’epoca dei fatti c’erano cinque o sei secchioni e un compattatore». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)

“ROBERTA RAGUSA BRUCIATA NELL’INCENERITORE”

L’ipotesi choc presentata lo scorso luglio e riproposta in diretta a Quarto Grado nelle scorse settimane sulla tragica fine di Roberta Ragusa è stata spiegata in prima persona da chi ha avanzato anche alla Procura la sua ipotesi d’indagine: si chiama Rino Sciuto, è un ex carabiniere dei Ros in pensione e si è occupato per 3 anni del caso sulla donna scomparsa da Gello San Giuliano Terme ormai il 13 gennaio 2012. Al netto della condanna in Cassazione nei confronti di Antonio Logli a 20 anni di reclusione per omicidio volontario e distruzione di cadavere, le ipotesi che possano spiegare come realmente possano essere andate le cose in quegli momenti terribili si “sprecano”. Secondo l’ex maresciallo il cadavere della donna non può essere stato fatto sparire nel locale della GeSTe – l’azienda municipalizzata per cui Logli lavorava da elettricista – o in qualche pozzo della zona attorno alla casa dei Logli-Ragusa: per Sciuto Roberta sarebbe stata fatta sparire in un inceneritore. Già a Quarto Grado il maresciallo aveva spiegato «Io mi sono fatto la mia personalissima opinione: a Gello non ci sono i secchioni tipici che vengono prelevati dagli autocompattatori, ma dalla via Ulisse Dini alla via di Gello lì cominciano ad esserci i primi secchioni dell’immondizia del comune di Pisa. Io ho paura che possa essere finita in un secchione, in un autocompattatore».

CASO RAGUSA, LA TESTIMONIANZA DELL’EX CARABINIERE

Intervenendo oggi a Pomeriggio 5, Rino Sciuto ha voluto raccontare nel dettaglio la propria tesi riguardo gli ultimi momenti di vita di Roberta Ragusa: «Ho trovato un’agenda ritrovata dove Roberta aveva annotato che Antonio non aveva risposto al telefono perché impegnato a cercare un particolare bidone dell’immondizia. Per questo mi sono fatto questa ipotesi». Non solo, Quarto Grado, già all’epoca dei fatti, aveva verificato che il contenuto dei cassonetti dell’indifferenziata di Pisa finiva all’inceneritore di Ospedaletto, ora chiuso, e che era impossibile che un corpo non venisse rilevato al momento dello smaltimento. Ma Sciuto si riferisce ad un’altra discarica, ovvero quella di Peccioli: «Se uno mettesse un saccone nero all’interno di un cassonetto grigio, arriva il camion e svuota il cassone del camion in discarica dalla mattina alla sera ci sono altri centocinquanta camion che vanno lì e ci rovesciano sopra altre 150 tonnellate di rifiuti al giorno, per cui questo benedetto corpo potrebbe essere in teoria nella discarica». Spiegando nel dettaglio a Pomeriggio 5 come potrebbe essere andata, l’ex carabiniere conclude «Corpo messo in enorme cassonetto e portato nell’inceneritore, non lo stesso del cimitero: un corpo lì dentro viene ridotto in parti più piccole e a quel punto può allora essere bruciato e cotto senza praticamente che rimangano resti riconoscibili».