Roberto Baggio a tutto tondo nella lunga intervista rilasciata a Il Venerdì – La Repubblica. Il campione ex Juventus, Milan e Inter si è raccontato senza filtri e alcuni passaggi hanno fatto il giro del web. Vi abbiamo parlato della frecciatina scagliata contro alcuni ex calciatori, ma il Pallone d’Oro 1993 ha anche parlato della sua carriera e del suo rapporto con il calcio…
A tal proposito, Roberto Baggio può essere definito l’anti-Totti: «Lui non voleva smettere, io non vedevo l’ora. Lasciare mi ha ridato vita e ossigeno, stavo soffocando, troppo male, dolore fisico, quando da Brescia rientravo a casa, non riuscivo a uscire dall’auto, chiamavo Andreina, mia moglie, che mi aiutava ad aggrapparmi al tetto e poi a far passare il corpo. Ho sempre saputo che il calcio aveva una fine. La gente si stupisce: come, non metti più gli scarpini, non ti viene voglia? No, e allora? Bisogna che ci mettiamo d’accordo: quelli che senza pallone si sentono appagati e felici sono dei falliti?».
ROBERTO BAGGIO: “PAOLO ROSSI MERITAVA DI AVERE TEMPO”
Una volta appesi gli scarpini al chiodo, Roberto Baggio ha deciso di mettere la parola fine al suo rapporto con il calcio ed ha iniziato una nuova vita, da contadino, tra legna, trattore ed escavatore. «Mi sono distaccato dal pallone, ma ci sono cose che fanno male, come la morte di Paolo Rossi», ha spiegato il Divin Codino, che ha ricordato l’ex campione del mondo con grande affetto, «meritava di avere tempo». Dopo aver ricordato il tanto discusso trasferimento dalla Fiorentina alla Juventus – «io non volevo lasciare la Viola, ma ho scoperto che i proprietari uscenti, i Pontello, mentivano, mi avevano già ceduto agli Agnelli» – Roberto Baggio ha parlato del complicato rapporto con Arrigo Sacchi: «Sacchi non mi ha portato agli Europei del ’96, dopo la finale mondiale ’94, voleva dimostrare che gli schemi sono più importanti dei giocatori, e l’Italia non è arrivata ai quarti. Avevo 29 anni, ero da buttare? No, ma per loro ero svogliato, non rincorrevo il difensore, ero un disubbidiente, non adatto al calcio moderno, quello che oggi vorrebbe decidere chi ha i titoli per giocare la Superlega». Non poteva mancare un ricordo del rigore sbagliato contro il Brasile al Mondiale del 1994: «Ah, il rigore di Pasadena, l’unico che nella mia vita ho tirato alto e non so perché, avrei preferito prendere il palo o che me lo parasse il portiere. Ma spararlo così nel cielo, no, ancora non me lo perdono. Non c’è religione, buddismo, non c’ è dio che tenga, né l’amore dei tuoi cari, niente ti aiuta. Ho sofferto, mi sono sentito deluso da me stesso, ho pianto tutta la notte tra le braccia della mia famiglia. Fin da bambino speravo di giocare la finale mondiale contro il Brasile, ma non con quel risultato. E poi ho passato sere a sognare che lo buttavo dentro. Ma quel giorno avrebbero potuto uccidermi e non avrei sentito niente».