Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica nel Governo Draghi, è su tutte le furie. Un retroscena politico raccolto dai colleghi de “Il Corriere della Sera”, che spiegano come il componente dell’esecutivo insediatosi a Palazzo Chigi lo scorso febbraio abbia vissuto come un’imboscata ai suoi danni l’azione condotta dal Movimento Cinque Stelle e dal Partito Democratico, i quali hanno fatto passare un emendamento al decreto Recovery, fondamentale per l’ottenimento dei primi 24 miliardi di euro dall’Europa, nonostante il parere contrario del relatore e del Governo stesso.



In particolare, tale emendamento permette di arrestare il percorso di approvazione delle opere strategiche, per le quali sono già stati preventivati appalti semplificati e un apposito comitato, al fine di snellire la burocrazia. In buona sostanza, con quanto voluto dai pentastellati e dal Partito Democratico, saranno sufficienti “i due terzi dei membri di una commissione per chiedere alla Transizione ecologica di rivedere le decisioni sulle maxi opere”. Ecco dunque che l’autonomia decisionale del Governo sul PNRR non è più da interpretare nella sua totalità.



ROBERTO CINGOLANI FURIOSO PER LO “SGAMBETTO” RICEVUTO

Come ricostruisce “Il Corriere della Sera”, Roberto Cingolani è sì adirato per l’imboscata e l’emendamento in sé, ma anche per come si è giunti a questo punto, dal momento che, perlomeno dal suo punto di vista, la situazione era limpida e trasparente, grazie ai colloqui intercorsi con tutti i parlamentari per addivenire a un’intesa che incontrasse il favore generale della politica italiana. Invece, è arrivato uno sgambetto che fa più male della caduta in sé e che ha mostrato come il Pd di Enrico Letta sia pronto ad appoggiare le iniziative dei Cinque Stelle.



A Sinistra, ovviamente, viene smentito questo aspetto, tanto che dal Nazareno garantiscono che l’emendamento della discordia è catalogabile al pari di “una cosa minima, priva di conseguenze politiche”. Tuttavia, al di là di qualsivoglia dichiarazione di sorta, cosa davvero conta adesso è avvicinare il più possibile l’Italia ai miliardi europei e con questo clima tirato il decreto Recovery dovrà giocoforza approdare in aula in settimana, poi passare sui banchi del Senato ed essere convertito entro il prossimo 30 luglio. In appena dodici giorni, insomma, si scriverà una delle pagine più importanti della storia italiana.