Il Recovery Plan «è un progetto più ambizioso della semplice ripresa post pandemia, vuole impostare il futuro del Paese per le generazioni a venire»: non ha dubbi Roberto Cingolani. Il ministro della transizione ecologica ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Repubblica ed ha presentato il suo progetto: dallo stop al carbone al prima possibile al boom di energia da rinnovabili, fino al gas naturale come misura tampone ed il no ai termovalorizzatori per il trattamento dei rifiuti.
Roberto Cingolani ha spiegato che i 59 miliardi del Pnrr destinati alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica verranno ripartiti così: «Circa 5 miliardi saranno dedicati ad agricoltura ed economia circolare, 15 alla tutela dei territori e delle risorse idriche, 15 all’efficienza energetica degli edifici e quasi 24 alla transizione energetica e alla mobilità sostenibile». Per ridurre le emissioni di anidride carbonica, come richiesto dall’Ue, il titolare della transizione ecologica ha evidenziato che nel 2030 il 70-72% dell’elettricità dovrà essere prodotta «prevalentemente da centrali eoliche o fotovoltaiche».
ROBERTO CINGOLANI E LA TRANSIZIONE ECOLOGICA
Nel corso della lunga intervista a Repubblica, Roberto Cingolani ha messo in risalto che si punterà su energie rinnovabili più sperimentali, basti pensare all’eolico offshore e al fotovoltaico per l’agricoltura, ma sarà fondamentale archiviare la burocrazia: «Poi ci sarà il grande capitolo della semplificazione per sbloccare le gare già avviate per nuovi impianti di fonti rinnovabili, ma a cui nessuno partecipa». Passando al capitolo rifiuti, il ministro ha evidenziato che la Commissione Ue non vuole i termovalorizzatori, che sono stati così scoraggiati nel Pnrr, mentre sulla circolazione in città ha spiegato: «Quando il 72% dell’elettricità sarà prodotta con zero emissioni allora avrà senso rendere di uso comune la mobilità elettrica. Che senso ha guidare un’auto a batteria se per ricaricarla si brucia petrolio o carbone? Nel frattempo si dovrà lavorare per non farsi trovare impreparati, installando migliaia di colonnine di ricarica». E, come dicevamo, Roberto Cingolani ha acceso i riflettori sulla transizione burocratica: «Nessuno vuole trovare scorciatoie, però i tempi devono essere certi. Si può far danno al Paese non solo facendo male, ma anche perdendo tempo. Inoltre, se in Spagna si presentano centinaia di aziende nelle gare per le rinnovabili e da noi pochissime, scoraggiate dalla burocrazia, significa che loro possono scegliere i migliori, noi dobbiamo accontentarci di chi c’è».