Non è caduto nel vuoto il duro attacco di Greta Thunberg ai leader politici. Il ministro italiano per la Transizione ecologica Roberto Cingolani ha deciso di replicare e lo ha fatto con gli stessi toni. Ne è scaturito un duro affondo all’attivista (non il primo) e contro quella che ha definito l’ipocrisia del “bla bla bla”. «La protesta serve a tenere gli animi vivi, e probabilmente senza quella protesta non ci sarebbe neanche stata tanta attenzione al cambiamento climatico», la premessa di Cingolani a Mezz’ora in più. Poi però ha pure aggiunto: «La protesta deve diventare una proposta, altrimenti diventa anch’essa parte del problema».
Il ministro Roberto Cingolani ha detto senza mezzi termini: «Rifiuto enormemente l’ipocrisia del bla, bla, bla». Anzi lo offende: «Tutti stanno lavorando sulla transizione ecologica, ma ci sono delle regole, c’è la democrazia che stabilisce chi sono i rappresentanti». Di conseguenza, per il ministro per la Transizione ecologica trova «quasi eversivo dire che le persone che stanno lavorando su queste cose non rappresentano nessuno, rappresentano dei Paesi e sono stati eletti».
“STIAMO FACENDO UN LAVORO COMPLESSO”
Il ministro Roberto Cingolani ha quindi “bacchettato” Greta Thunberg. «Buttare giù un muro è più facile che costruirlo e metterlo in asse», ha dichiarato a Mezz’ora in più. Quindi, ha rivendicato l’impegno dei rappresentanti dei vari Paesi, «che stanno facendo un lavoro molto molto complesso, che tentano di conciliare la sostenibilità sociale con la sostenibilità ambientale». L’esperienza della you4climate è servita a comprendere che bisogna ascoltare i giovani; quindi, «la loro protesta ha ragione di essere, avevamo il futuro ma glielo abbiamo consegnato molto buio», d’altra parte bisogna fare un passo avanti. «Ora dobbiamo creare un rapporto di fiducia, è importantissima per il percorso che ci porterà al 2050». Cingolani ha parlato di un orizzonte molto importante: «Stiamo facendo un cambiamento epocale e l’Italia e l’Europa hanno una funzione di guida per il resto del mondo». Ma questo comporta un passaggio da un modello di sviluppo a spese del pianeta ad uno di sviluppo per il pianeta.
“CORRERE, MA NON TROPPO VELOCE”
Bisogna correre, «perché sappiamo quando sia urgente la necessità di ridurre le emissioni, e non c’è più tempo da perdere per il cambiamento climatico». Ma al tempo stesso non si può correre troppo: «Se si va troppo veloci rischiamo di mettere per strada milioni di famiglie, perché cambiano i modelli di manifattura, di produzione e di mobilità». Più che un punto di equilibrio serve una «sincronizzazione» per rendere possibile «questo cambiamento nei tempi più rapidi possibili», ma al tempo stesso «sostenibile soprattutto per le classi più vulnerabili». Uno degli errori è non essersi resi conto che il cambiamento climatico è legato alle diseguaglianze globali.
«Ecco perché se si fa male, troppo in fretta o troppo lentamente rischia di essere un grave danno, soprattutto ai più deboli», ha aggiunto Roberto Cingolani. A Mezz’ora in più ha parlato anche dei Paesi attualmente inquinanti – come Cina, Russia e India – che «hanno modelli di sviluppo che ci mettono di più a cambiare rispetto al nostro». Pertanto, uno dei grandi risultati ottenuti al G20 è «il riconoscimento del bisogno di un’accelerazione». Ora si sta negoziando per «trovare l’anno in cui siamo tutti d’accordo a fare i nostri cambiamenti».