Roberto De Zerbi: “Speravo che il calcio in Ucraina ripartisse”

Roberto De Zerbi, allenatore del Brighton, sulle pagine de Il Messaggero ha parlato della sua esperienza in Premier League ma non solamente: lo scorso anno, infatti, il tecnico allenava lo Shakhtar prima dello scoppio della guerra. “L’idea iniziale fu quella di stare fermo e aspettare, nella speranza che il conflitto finisse e il calcio in Ucraina potesse ripartire. Ad aprile arrivarono alcune proposte, ma ero scarico. In estate avvertii la voglia di ricominciare. È maturata questa opportunità al Brighton e l’ho presa al volo”.



La scelta di volare in Premier League è stata semplice per l’allenatore: “La squadra mi piaceva, anche se concettualmente lontana dalle mie idee. Ho trovato un ottimo impianto di gioco perché Potter è stato bravo. Ho cercato piano piano di sviluppare il mio calcio e la cosa sta funzionando, grazie alla disponibilità del gruppo. Il nucleo storico, composto da Dunk, Lallana, Welbeck, Gross e March, è fondamentale. Considerando Dunk, il capitano, tra i cinque migliori difensori centrali d’Europa. Poi ci sono i talenti, come Caicedo, MacAllister, Mitoma e Ferguson. In porta ho dato fiducia a Steele”.



Roberto De Zerbi: “L’Ucraina mi ha segnato”

Dallo scoppio della guerra, la vita di Roberto De Zerbi, che all’epoca allenava proprio in Ucraina, è cambiata completamente, come racconta a Il Messaggero: “L’Ucraina mi ha segnato profondamente. Stavo lavorando ad un grande progetto. Quello Shakhtar, pieno di talenti e di gioventù, era la squadra dei miei sogni. C’erano le premesse per emergere anche a livello internazionale. È stato spazzato tutto via dalle bombe. La guerra ha prodotto stupore, smarrimento, disagio. La mia generazione non ha mai fatto i conti con una realtà così cruda. La guerra per noi sono i racconti dei nonni e invece me la sono ritrovata davanti, con i suoi orrori. Fatichi a darti una spiegazione. Sprofondi in un incubo”.



Dopo l’invasione russa, le previsioni erano piuttosto ottimistiche, almeno da parte dello Shakhtar: “Il club ci disse che era solo un gioco, un braccio di ferro per mostrare i muscoli, ma alla fine non sarebbe successo nulla. Io però seguivo la tv italiana e avevo una percezione diversa. Quando cominciarono a circolare le immagini dei carri armati russi ammassati alle frontiere, temetti il peggio. Il discorso violento di Putin contro l’Ucraina mi fece capire che lo scoppio della guerra era questione di ore. Lasciai la casa alle sei del pomeriggio e insieme allo staff mi trasferii nell’albergo che ci ospitò fino al giorno in cui abbandonammo il paese“.