Un esposto dei familiari delle vittime della banda della Uno bianca, che sarebbe stato depositato nel maggio scorso alla Procura di Bologna, accende i riflettori sulla figura di Roberto Savi, ex poliziotto condannato all’ergastolo con il fratello Fabio, indicandolo come “custode” di alcune informazioni sulla strage di Ustica. Lo riporta Ansa, secondo cui il dossier portato all’attenzione dei pm emiliani conterrebbe elementi per tracciare un filo rosso tra le due vicende che hanno insanguinato le cronache italiane tra gli anni ’80 e ’90.



I parenti delle vittime della Uno bianca, assistiti dagli avvocati Alessandro Gamberini e Luca Moser, chiedono di riaprire le indagini per accertare l’identità di mandanti e complici del gruppo criminale che, tra il 1987 e il 1994, seminò panico e morte uccidendo 23 persone e ferendone oltre 100. Stando al contenuto dell’esposto, l’ex poliziotto Roberto Savi avrebbe avuto a disposizione informazioni che proverebbero il legame con ambienti legati ai servizi segreti e, in questo tessuto di contatti, avrebbe avuto modo “di intercettare notizie afferenti alla strage di Ustica che solo nell’ambito di alcune agenzie e contesti operativi potevano ‘girare’ nei primi anni ’90“.



Strage di Ustica e Uno bianca: un presunto collegamento nella figura di Roberto Savi

Secondo quanto ricostruito dall’agenzia di stampa, a centrare il fuoco dell’attenzione su Savi sarebbero le dichiarazioni del 1995 di un altro membro della banda della Uno bianca, l’ex agente Pietro Gugliotta. Quest’ultimo, sentito dai pm bolognesi, avrebbe riferito di alcune presunte confidenze ricevute da Savi in particolare durante uno spostamento in auto verso la Liguria. Stando a quanto avrebbe rivelato Gugliotta, appena superato il confine con la Toscana Roberto Savi avrebbe indicato in una zona montuosa il sito dove un Mirage francese, coinvolto nell’azione che avrebbe causato l’abbattimento del DC9 di Ustica, avrebbe sganciato un serbatoio supplementare. Si tratterebbe di un luogo in cui dei rottami del velivolo sarebbero stati effettivamente rinvenuti, ma mai sarebbero stati collegati al caso Ustica. Savi, sempre secondo Gugliotta, avrebbe anche detto di aver pilotato il Mirage partito da Tolone.



Sentito sul punto dai magistrati dell’epoca, l’ex poliziotto a capo della banda della Uno bianca avrebbe smentito il complice Gugliotta bollandolo come “pazzo”. Secondo i legali Gamberini e Moser, Roberto Savi, così come “in tutte le sue dichiarazioni nel corso delle indagini e del processo”, anche parlando con Gugliotta “mescolava millanterie e circostanze vere utilizzando sapientemente la tecnica dei messaggi trasversali e delle dichiarazioni ambigue“. Per gli avvocati delle famiglie delle vittime della Uno bianca, tale elemento non può essere trascurato in sede di una indagine che, sollecitano, punti a “ridefinire il perimento (all’evidenza troppo stretto) nel quale il fenomeno criminale della Uno Bianca è stato collocato dagli esiti giudiziari”.