“Sogna ragazzo sogna”, Roberto Vecchioni l’ha scritta la sera prima di salutare per sempre la scuola e gli alunni che per anni aveva guidato prendendoli per mano, portandoli verso il mondo della conoscenza e della cultura. “Non ero mai andato con la chitarra a scuola, non avevo mai cantato a scuola. Avevo un magone e volevo in qualche modo salutare gli studenti, allora ho scritto questa lettera di ‘Sogna ragazzo sogna’. È stato un lascito, perché non cada mai la potenza di un sogno” racconta il cantautore a “Riserva Indiana”.



Dal 1969 al 1999, per trent’anni, Roberto Vecchioni ha lavorato come docente nei licei classici tra le province di Milano e Brescia. “Sono tante le generazioni che ho avuto – racconta – Da ogni generazione ho imparato le loro priorità, il loro senso della comunicazione. L’insegnante può sapere da Dante a Kafka, tutto quello che vuole, ma se non ascolta le canzoni dei ragazzi, se non legge i loro libri, se non capisce le loro motivazioni, non fa niente. Ogni epoca ha queste cose. Io ho tentato di starci sempre dentro. Io sono un uomo del ‘900, a me piacciono le cose del ‘900, ma ho voluto capire da dove viene tutta la forza di espressione delle nuove generazioni”.



Roberto Vecchioni: “La felicità non insegna niente, il dolore insegna”

Per una vita a contatto con i ragazzi e con le nuove generazioni, Roberto Vecchioni ha imparato a conoscere l’animo più profondo dei giovani, i loro bisogni, le loro paure, le loro ansie. Al di là del programma didattico, degli insegnamenti nozionistici, delle interrogazioni e dei voti, secondo il cantautore è “fondamentale l’attenzione agli altri. L’altruismo, il capire da dove nasca l’ansia, il disprezzo, il male nelle altre persone, e star loro vicini. La felicità non insegna niente, il dolore insegna” conclude Vecchioni, ospite di “Riserva Indiana”.

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