Il grande cantautore milanese Roberto Vecchioni, oltre a raccontarsi a Domenica In, si è anche esibito. Ospite di Mara Venier per presentare il suo ultimo libro, “Lezioni di volto e di atterraggio”, questo pomeriggio il professore si è esibico con vecchi cavalli di battaglia. Da “Samarcanda” a “El bandolero stanco” fino a “Chiamami ancora amore”, brano con cui ha vinto il Festival di Sanremo. Non sono mancati però commenti sulla didattica a distanza, che ormai coinvolge quasi tutti gli studenti a causa della pandemia Covid. L’auspicio di Vecchioni è che presto si trovi una soluzione per la scuola, perché così i ragazzi stanno perdendo occasioni di condivisione, dovendo seguire le lezioni a casa.



Vecchioni ha infatti ricordato che non sono importanti solo le nozioni scolastiche, ma anche la conoscenza dei compagni di scuola e la lezione della condivisione. La didattica a distanza è però «uno sforzo titanico» anche per gli insegnanti, come ha spiegato pure a Famiglia Cristiana: «La scuola è coralità, ha il compito di insegnare il bene e il male di stare insieme. Non basta cliccarsi e guardarsi in uno schermo; la fisicità conta quando si deve imparare a stare in un gruppo variegato e abituarsi a capire il punto di vista degli altri». (agg. di Silvana Palazzo)



ROBERTO VECCHIONI E IL PADRE

Roberto Vecchioni ha parlato anche di quando insegnava ai ragazzi con un metodo particolare: “Quando insegnavo ai ragazzi andavo al parco e si faceva un giro di cultura di tutti i tipi, anche in osteria, sempre fuori dalla scuola. Questo metodo di insegnamento l’ho usato solo negli anni ’80 poi l’ho piantata lì perchè non era più possibile, prima c’erano le classi che ti venivano dietro…”. Sul suo papà: “Prima di aver vinto Sanremo dieci anni fa ero andato da giovane, nel ’73, con una canzone dedicata a mio papà, che era un uomo diversissimo da tutte le persone. Mio padre non mi ha insegnato nulla, mi faceva ridere, divertente, pieno di vita, di far capire che dovevamo giocare, scherzare e poco serio. Ci ha dato sempre tutto, su di lui ho tentato di stampare la gioia dell’esistenza e mia mamma mi ha dato tantissime altre cose, sono stato fortunato. Papà dove entrava illuminava e faceva innamorare le donne, non mi ha insegnato chissà che, ma si divertiva. Il giorno prima della maturità mi ha portato a Parigi al Moulin Rouge. Ce ne sarebbero da dire di cose su mio padre… Io lo chiamavo Aldo, non papà”.. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



ROBERTO VECCHIONI: “NELLA MIA VITA TANTI MOMENTI BRUTTI, VACCINI COVID? SUBITO!”

Vaccino? Certo, lo farei anche due volte, tre volte. Lo farò a Milano, io ho 78 anni lo farò ad aprile? Spero anche prima, se me lo facessero domani lo farei. Ma non si possono rubare? (scherza Roberto Vecchioni ndr”. Esordisce così il grande cantautore e professore negli studi di Domenica In: “Io sto bene, ho vissuto tutti i momenti brutti della vita cercando di andare avanti, ne ho avuti tanti, tantissimi, li ricordo col sorriso ma ne ho avuti tanti, amici persi, persone che se ne sono andate, dolori fisici, psicologici. Come superarli? – ha proseguito – il segreto è amare la vita come uno spettacolo di cultura, e quando io sono giù penso ad un libro, ad un quadro, alla scienza, rimuovo il dolore, certo che va rimosso. Il dolore è importante, è l’altra faccia della nostra vita, se non ci fosse la gioia non avrebbe questo valore. Dobbiamo avere il piacere di tornare felici”. Quindi Roberto Vecchioni ricorda un aneddoto con protagonista proprio Mara Venier: “Dieci anni fa precisi, vedo una signora bionda e bella, dopo Sanremo, che mi dice ‘Lo sai che hai vinto Sanremo?’. E io le ho chiesto come facesse a saperlo e lei mi ha detto che la mia canzone aveva il cuore. Quella persona eri tu Mara Venier. Ero tenebroso in quel momento perchè mi domandavo cosa ci facevo a Sanremo”. Sulla sua vita da prof: “Tante ragazze mi son rimaste nel cuore perchè hanno capacità intuitive che i maschi non hanno, poi purtroppo la società è maschilista. Ho avuto ragazze bravissime”. Sulla sua famiglia: “Ho 4 figli e 4 nipotine, sono un nonno completamente rimbambito. A Natale ho fatto un’illuminazione con tre renne e un Babbo Natale di tre metri solo per loro, due giorni a metter luce son stato. E’ stato un Natale meraviglioso, ovviamente a distanza”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

ROBERTO VECCHIONI: “SCUOLA? DA PROF, DIDATTICA A DISTANZA È UNA FERITA QUASI MORTALE”

Roberto Vecchioni è uno degli ospiti della puntata di oggi di Mara Venier a Domenica In. Musica, poesia, cultura, e si potrebbe continuare ancora a lungo per descrivere le qualità di cui il cantautore di “Chiamami ancora amore” è portatore. Un artista a tutto tondo, ma forse, prima di tutto, un professore di italiano, un insegnante di liceo che meglio di tanti altri può descrivere la perdita che milioni di studenti italiani stanno sperimentando in questi mesi contrassegnati dal coronavirus senza scuola in presenza. Ne ha parlato lo stesso Roberto Vecchioni in un’intervista concessa all’ANSA lo scorso ottobre, in piena seconda ondata: “La scuola è libertà, felicità, gioia, stare insieme. Non può essere isolamento davanti ad uno schermo e apprendimento a distanza. La scuola è godere e soffrire con gli altri, è partecipare alla vita perché la scuola è vita“. Un convincimento che lo ha portato a definire la didattica a distanza come “una ferita forte, quasi mortale“.

ROBERTO VECCHIONI: “DIDATTICA A DISTANZA E’ UNA FERITA QUASI MORTALE”

Nel suo ultimo libro “Lezioni di volo e di atterraggio”, Roberto Vecchioni racconta la sua di esperienza a scuola, con uno sguardo ad un periodo particolare: “È una storia corale, racconta quando, negli anni ’80, io e i miei ragazzi, sempre di lunedì, avevamo l’abitudine bizzarra di lasciare l’aula per stare in giro nei parchi, nelle strade, nelle osterie, ma anche nelle cliniche o in posti stranissimi, per fare lezioni aperte e libere associazioni di cultura. Si partiva da un argomento come Leopardi o l’atomo e si allargava il discorso. Ognuno diceva la sua e si passava da una disciplina all’altra per capire che importanza potesse avere nella nostra storia una certa scoperta o un certo approccio con gli altri“. Un modo di fare scuola, di apprendere la vita, che di certo non può essere riprodotto attraverso uno schermo, magari con una connessione ballerina. Per questo, confessa Vecchioni, “mi fa stare malissimo” l’abbandono delle aule: “Spero si possa trovare presto una soluzione per far tornare i ragazzi in classe. La scuola è stare insieme, conoscersi, amarsi, deprecarsi, non capirsi… Ma capirsi dopo, vedere insieme cos’è la vita“.