Lo aveva chiamato “Pieranguillo” nell’ultima puntata di Piazzapulita e ora l’ex procuratore di Milano Alfredo Robledo torna sul caos Csm-Amara-Davigo con nuovi dubbi sollevati sulle dichiarazioni del procuratore Greco e dell’ex togato di Mani Pulite. «Seguire le vie formali avrebbe disvelato la vicenda? Non è vero, non solo perché c’è una delibera del Csm che dice il contrario, ma per una questione di principio che è l’esatto opposto: è proprio la procedura formale a garantire il segreto. Qui Davigo sbaglia clamorosamente. Doveva dire a Storari di consegnare gli atti al comitato di presidenza del Csm. La via prevista è quella lì», osserva nell’intervista al Foglio Robledo, per nulla convinto dalla ricostruzione fatta da Piercamillo Davigo davanti alla Procura di Roma in merito al caso “Loggia Ungheria”.



L’errore di Storari – il pm che interrogò l’avvocato Amara e dal quale nasce l’intero “mistero” sui verbali secretati – è stato quello di affidarsi a Davigo senza insistere sulla via consueta, ovvero chiedere al suo superiore Greco di scegliere quale strada prendere (indagare per diffamazione Amara o indagare i nomi da lui citati nella presunta “Loggia Ungheria”).



ROBLEDO, NUOVE BORDATE A DAVIGO

Come nota Luciano Capone, nell’intervista a Robledo, il vero vulnus della vicenda che riguarda Davigo è semplice: non preserva il lavoro di Storari che a lui si era affidato, ma «usa le informazioni contenuti nei verbali di Amara per scopi personali». Davigo ha parlato con diverse persone di quel fascicolo, senza mai renderlo definitivamente pubblico: «per giustificare la rottura con i compagno di corrente Sebastiano Ardita», segnala ancora Il Foglio, «Davigo svela nella tromba delle scale del Csm a un politico come il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra (M5s) le accuse di Amara ad Ardita mostrandogli i documenti». Robledo ne ha però anche per la Procura di Milano che ritardando nell’agire ha “portato” Storari a rivolgersi a Davigo: «Si parla di cinque mesi di attesa per fare un’iscrizione nel registro degli indagati: è un tempo inaccettabile. Secondo il codice di procedura penale bisogna iscrivere immediatamente quando c’è un indizio perché da quel momento decorrono i tempi di chiusura dell’indagine. È una norma a garanzia dell’indagato». Al momento, il procuratore Francesco Greco non ha spiegato i motivi di tale ritardo.

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