Eugenia Roccella, ministro per le Pari opportunità e la Famiglia, in un’intervista a “Libero” spiega di non capire questo “ossessivo bisogno di aggettivazioni. ‘Famiglia tradizionale’ è un’etichetta utilizzata da chi vorrebbe liquidare quella che è semplicemente la famiglia su cui sono fondate la comunità umana e la successione solidale delle generazioni. Ricorrere a queste continue definizioni, definire ‘tradizionale’ la famiglia da cui tutti siamo nati e continuiamo a nascere, sempre in contrapposizione a qualcos’altro, denota l’idea di smontarla”.



Secondo la politica, “siccome la realtà per cui siamo tutti figli di un uomo e di una donna non può essere negata né modificata a prescindere dalle modalità con cui avviene la procreazione, la nuova frontiera è la frammentazione della genitorialità” ossia “la paternità e la maternità” che “vengono sbriciolate attraverso la tecnologia: si prende a pagamento un ovocita da una parte, un gamete maschile da un’altra, e poi si cerca una donna che presti l’utero, ovviamente sempre dietro pagamento. È il grande mercato transnazionale della genitorialità, dove quello che conta non è più la relazione, ma il contratto. Ovviamente con transazioni in denaro, regole rigide e penalità nel caso qualcuno cambi idea. Non mi sembra si possa definire un nuovo modello”.



Roccella: “Famiglia tradizionale? Impossibile che questo modello salti”

Per gli oppositori, il concetto di “famiglia tradizionale” è ideologico. Non è d’accordo Eugenia Roccella, ministro per le Pari opportunità e la Famiglia, che a “Libero” spiega: “La vera ideologia non è la difesa della famiglia, ma questo bisogno di applicare a tutto una definizione, un modello ortopedico, e di incasellare tutto in una norma legislativa e in un modello predefinito”. La politica difende “semplicemente la famiglia, definita dalla Costituzione più bella del mondo come ‘società naturale’, un concetto che va ben oltre l’idea di tradizione. Poi, ovviamente, c’è la libertà di ciascuno di vivere la propria affettività come desidera. Quella che veniamo accusati di voler difendere – ed è surreale che si tratti di un’accusa – è l’esperienza che tutti abbiamo vissuto, da cui tutti proveniamo, dal momento che siamo tutti figli di un uomo e di una donna, nati nel grembo di una donna, e che questo non cambia neanche con le nuove tecniche di procreazione assistita”.



Nonostante i nuovi modelli e le nuove ideologie, per il ministro delle Pari opportunità e la famiglia è “impossibile che questo salti, perché è quello da cui origina la continuità della società umana. È un modello che non ha alternative perché poggia su una realtà di fatto. Una realtà che non lede la libertà di nessuno, non toglie nulla a nessuno, ma arricchisce la società assicurandole, attraverso la filiazione, una prospettiva generazionale di futuro”. Dunque, nonostante il modello della famiglia “naturale” sia in crisi, “non significa che ci siano ‘modelli’ alternativi, perché in realtà è proprio sbagliato parlare di ‘modelli’. La stessa cosiddetta ‘famiglia queer’, di cui tanto si è parlato, non è altro che una delle forme di rapporti fra persone che sono state sperimentate già negli anni Settanta con le cosiddette comuni”.