La storia del giudice Rocco Chinnici è al centro della nuova puntata di Cose Nostre, il programma condotto da Emilia Brandi e in onda il 20 maggio in seconda serata sul primo canale Rai. A lui si deve la genesi del “pool antimafia”, il gruppo di indagine sulla criminalità organizzata che segnò la svolta nella lotta a Cosa nostra e nel quale volle coinvolgere giudici di spessore come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Tre magistrati coraggiosi e onesti, cresciuti nel nome della legge e accomunati da un terribile destino di morte.
Rocco Chinnici fu ucciso in un attentato avvenuto il 29 luglio 1983 in via Pipitone Federico a Palermo, vittima della mafia quasi un decennio prima dei colleghi impegnati con lui dalla fine degli anni ’70 e assassinati nelle stragi di Capaci e via D’Amelio del 1992 (Falcone il 23 maggio e Borsellino il 19 luglio). Rocco Chinnici si trovò a lavorare in un contesto incandescente, mentre si susseguivano omicidi eccellenti per mano dei mafiosi e le istituzioni venivano duramente colpite nel cuore con le uccisioni di personalità di spicco come il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, il procuratore Gaetano Costa, il deputato Pci Pio La Torre e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Chi era il magistrato ucciso in via Pipitone Federico a Palermo
Rocco Chinnici è nato a Misilmeri, in provincia di Palermo, il 19 gennaio 1925. Nel 1979 sarebbe diventato capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale del capoluogo siciliano, al posto dell’amico e collega Cesare Terranova ucciso nello stesso anno. La prospettiva, vincente, di Rocco Chinnici era quella di colpire Cosa nostra nel centro nevralgico del suo sistema, cioè al suo cuore economico tra attività e patrimoni, ed è proprio puntando a ricostruire le trame percorse dal denaro frutto di affari illeciti che avrebbe consegnato alla giustizia centinaia di malavitosi insieme al lavoro instancabile di Falcone e Borsellino.
Nel 1983, un’autobomba lo uccise mentre usciva di casa. Nell’attentato a Rocco Chinnici morirono anche due carabinieri di scorta, Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile di via Pipitone Federico dove il giudice viveva, Stefano Li Sacchi, e fu il primo in cui, in Sicilia, venne utilizzato il tritolo. Ferito in modo grave l’autista Giovanni Paparcuri, che ha descritto così quei terribili istanti ai microfoni di Cose Nostre: “Fluttuavo in aria e mi sentivo bene, vedevo una luce bianca e volevo raggiungerla, poi svenni“.
Il ricordo della famiglia
Tra le persone intervenute nella trasmissione anche il figlio del giudice Rocco Chinnici, Giovanni, che all’epoca della sua morte aveva appena 19 anni. Al programma ha raccontato di aver sentito la sua mancanza soprattutto sotto il profilo umano, ricordandolo come una persona dal cuore gentile.
La sorella Caterina Chinnici, a sua volta magistrato, ha parlato di un padre molto presente nella vita dei figli, premuroso e amorevole, rassicurante e al tempo stesso “mai invadente”. Un ritratto dolce fatto in occasione della commemorazione del 2022 sul luogo della strage: “Questo essere sempre al nostro fianco – ha aggiunto la figlia di Rocco Chinnici – ci ha fatto crescere sereni, sapevamo che c’era, c’è stato sempre e direi che continua a esserci“.