Rocco, un imprenditore calabrese, racconta ai microfoni di Vieni da me la sua storia. Dopo aver vissuto diversi anni al nord dell’Italia, Rocco decide di tornare in Calabria avviando un’impresa insieme a suo fratello. Nella sua bellissima terra, Rocco scopre che cos’è la criminalità organizzata. Con coraggio, Rocco spiega a Caterina Balivo di essere così diventato un testimone di giustizia dopo aver deciso di non abbassare la testa di fronte ai soprusi della mafia, ma di combattere per la propria libertà e la propria dignità. A Lamezia Terme, Rocco decide di aprire una sua attività solitaria attirando le attenzioni della mafia. “Arriva la prima richiesta di un omaccione che io conoscevo. Sapevo che apparteneva ad una delle famiglie più potenti di quel periodo e mi dice che per stare tranquillo dovevo dare 40 milioni di lire“, spiega Rocco che fece immediatamente la segnalazione alle forze dell’ordine. Poi sono seguite una serie di minacce fino alla richiesta che lo spinge ad agire. “Alla fine mi danno un ultimatum dicendomi che se volevo che non accadesse nulla a me e ai miei figli dovevo versare 1200 euro al mese. Di fronte a questa richiesta ho avuto paura non per me, ma per l’incolumità della mia famiglia e poi perchè per dare loro 1200 euro al mese avrei dovuto licenziare un padre di famiglia onesto che lavorava con me. Ecco, quando sentite che le mafie creano posti di lavoro, è una delle più grosse bugie che dicono i mafiosi“, spiega Rocco che oggi è costretto a vivere sotto scorta.
ROCCO, LA STORIA DI UN TESTIMONE DI GIUSTIZIA A VIENI DA ME
Nonostante il rischio, Rocco decide di portare avanti la sua battaglia contro la mafia. Dopo essersi confrontato con la famiglia, Rocco decide di denunciare tutto alle forze dell’ordine. “Dopo aver raccontato tutto alla mia famiglia, è accaduta una cosa che mi ha dato tanto coraggio” – spiega il testimone di giustizia. “Ho visto che mia figlia, la maggiore che aveva 22 anni, continuava a guardarmi negli occhi. In un primo momento non capivo cosa voleva dire quello sguardo, poi ho capito che mi voleva dire ‘guai a te se ti arrendi e paghi’. Quello sguardo mi ha dato la forza per andare a denunciare”, spiega Rocco che, in un aula di tribunale, con grandissimo coraggio, riuscì a trovare la forza per puntare il dito contro i criminali. “Quando il giudice mi chiese: ‘conosci Pasquale? Ce lo puoi indicare?’. Io gli ho puntato il dito contro e ho visto che davanti al dito puntato non sapeva dove nascondersi perchè sono vigliacchi e da quel giorno passo il tempo a dire ai ragazzi che il nostro dito puntato, nelle aule del tribunale è molto più potente delle loro pistole”, conclude il signor Rocco.