Si è pentito Rocco Siffredi, re del cinema vietato ai minori, di averci messo la faccia per il Ddl Zan, il famoso decreto legge contro l’omotransfobia che da mesi sta spaccando in due l’Italia. Secondo lo stesso 57enne produttore e regista di film hard: «Ho sbagliato e non lo rifarei più – le sue parole rilasciate ad un’intervista ai microfoni del quotidiano Libero – ho aderito senza conoscerne i contenuti, ma forte del mio essere contrario a qualsiasi forma di violenza contro gli omosessuali e il bullismo. Ma mi sono accorto che a continuare a parlarne si ottiene l’effetto contrario. Si istiga la gente a dare contro. Rispettiamo le libertà individuali senza strumentalizzarle – prosegue per poi aggiungere – dico basta anche all’inutile pagliacciata dei gay pride. Se vogliamo chiamarla festa ci sto, ma se dobbiamo chiamarla manifestazione per l’identità dei diritti gay dico che mi avete rotto il caz*o».
Rocco Siffredi storce il naso anche di fronte al movimento femminista metoo: «Sicuramente ha fatto del bene – racconta l’attore – ma ha anche spinto molte donne a fare soldi con trappole furbe. Questi giochini stanno creando un sacco di problemi. Il #metoo ha sensibilizzato sul tema delle molestie in cambio di favori, ma qualche donna per vendicarsi non vedeva l’ora di puntare il dito contro un uomo che non le ha dato quanto promesso. Ed allora diventa ancora più importante parlare ai nostri ragazzi che oggi scambiano ogni coetanea per una pornostar. Se avessero ben presente cosa significa la parola consenso, se qualcuno gli spiegasse che non è un gioco e si rischia la galera, forse non cadrebbero in errori irreversibili».
ROCCO SIFFREDI: “SERVE ESSERE SICURI AL 100% CHE LA RAGAZZA SIA CONSENZIENTE”
La chiacchierata con il quotidiano Libero si è spostata poi sulla vicenda che vede protagonista Ciro Grillo, autore di un presunto stupro assieme agli amici avvenuto durante l’estate 2020 in Sardegna: «Ciro Grillo non è il cattivo e viziato figlio del politico, quello che è successo a lui poteva capitare a tanti coetanei. Loro non sono né violentatori né stupratori, sono i ragazzi della generazione 2.0, cresciuta con il porno senza conoscerne le regole e senza che gli fosse spiegato come uno smartphone può trasformarsi in un’arma letale. Basta un bicchiere di troppo e può succedere che un gruppo di amici si metta a giocare a fare i pornostar con la ragazzina di turno che magari prima fa la disinibita e poi dice “Ma che caz*o mi avete combinato?”. Capita sul set, figuratevi al di fuori… Una ragazzata di co*lioni può sfuggire di mano se non s’insegna l’importanza della parola “consenso”».
Secondo Rocco Siffredi è fondamentale essere «sicuri al 100% che la ragazza sia consenziente altrimenti l’uomo ha sempre torto, è molto difficile oggi difendersi dalle accuse di molestia». E secondo l’attore abruzzese i colpevoli sono solo una categoria: «Siamo noi genitori che abbiamo deciso di non spiegare un caz*o ai nostri ragazzi e non li abbiamo messi in guardia su come va il mondo. Ma come facciamo a parlare di sessualità ai nostri figli quando siamo i primi ad esserne imbarazzati e sprovvisti di conoscenze?».