SVOLTA NEL CASO DELL’OMICIDIO DEL CUGINO DI RAOUL BOVA
Dopo quasi 40 anni è stato risolto l’omicidio del cugino di Raoul Bova: un pentito ha svelato chi è l’assassino di Rocco Zoccali, 20enne ucciso a Locri nell’86. Sembrava un cold case destinato a restare tale, ma è stata registrata una svolta importante, grazie alle rivelazioni fatte da Antonio Cataldo, con legami con la ‘ndrangheta locale, visto che era rampollo di una famiglia mafiosa. Ora è un collaboratore di giustizia che ha dato un input alla nuova inchiesta della procura dei minori di Reggio Calabria, che ora accusa Antonio Cordì di omicidio volontario, mentre Antonio Dieni non è giudicabile, visto che nel ’90 era stato assolto dalla medesima accusa per insufficienza di prove.
Stando al racconto fornito dal pentito, il cugino di Raoul Bova sarebbe stato raggiunto da un colpo di pistola sparato da Domenico Cordì, all’epoca dei fatti minorenne: si trovava in sella a una Vespa guidata dal cugino Antonio Dieni. I due avrebbero truccato il motorino con una marmitta maggiorata per non far udire il rumore degli spari. Comunque, attualmente Cordì è in carcere per altri reati ed è il figlio di un boss defunto, invece il cugino è figlio di un uomo ucciso nell’88 per una faida tra due famiglie che fece 30 vittime nel giro di vent’anni.
LA FAMIGLIA DI ROCCO ZOCCALI VICINA ALLA VERITÀ?
Il legame di parentela tra Rocco Zoccali e Raoul Bova è dovuto al fatto – spiega il Corriere – che il padre dell’attore è primo cugino della mamma della vittima, in quanto il nonno del ragazzo e quello dell’attore erano fratelli. Per quanto riguarda il movente del delitto, lo studente sarebbe stato ammazzato per vendetta. Il pentito ha raccontato di aver assistito all’azione e svelato che il movente è legato a dissidi tra la famiglia Dieni e quella della vittima, in quanto il padre del 20enne aveva un magazzino che aveva dato in affitto ad Agostino Dieni, che voleva sfrattare in quanto era in ritardo con alcuni pagamenti.
Il ragazzo fu picchiato diverse volte, in un’occasione reagì sparando a una gamba di un fedelissimo dei Cordì. Una reazione che sarebbe stata la sua condanna a morte. Dopo quattro decenni a caccia dell’assassino, la famiglia della vittima sembra più vicina alla verità e alla giustizia.