Il colosso della farmaceutica svizzera “Roche” fa l’annuncio importante questa mattina: ha messo a punto un test sierologico per poter individuare gli anticorpi che il nostro organismo produce contro il coronavirus Sars-CoV-2 qualora sia stato esposto al contagio: mentre in Italia e non solo si inizia ad ipotizzare la fase 2 della pandemia (ovvero convivere con il coronavirus e non più solo quarantena), i test rapidi per poter individuare e mappare quanta più gente possibile diventano fondamentali. Mentre però le autorità sanitarie si scontrano sulla validità o meno dei test sierologici (in Italia il commissario Arcuri è stato incaricato dal governo di reperire 150mila test sierologici per lo screening su un campione rappresentativo di popolazione, ndr) la Roche sbarca nel mercato al dettaglio: «puntiamo a rendere il test disponibile agli inizi di maggio nella Ue e sta attivamente lavorando con la Fsa americana per un’autorizzazione d’emergenza», fa sapere una nota della casa farmaceutica.
Proprio l’individuazione di questi anticorpi, spiega ancora la Roche, «potrebbe aiutare a indicare se una persona ha sviluppato un’immunità al virus». Il test si chiamerà Elecsys e secondo Roche «può aiutare screening prioritari fra gruppi ad alto rischio, come i lavoratori sanitari, i fornitori di prodotti alimentari che possono aver già sviluppato un certo livello di immunità e che possono continuare a servire o ritornare al lavoro. Aver compreso di più circa l’immunità da Covid-19, può anche aiutare la società a tornare più velocemente alla normalità».
GUERRA TRA TEST SIEROLOGICI: E L’ISS…
Il ceo di Roche Severin Schwan ha commentato sull’uscita a breve del test sierologico su scala mondiale, «Ogni test affidabile sul mercato aiuta i sistemi sanitari ad aiutarci a superare questa pandemia. Roche sta collaborando a stretto contatto con le autorità sanitarie e sta accelerando la produzione per assicurare una veloce disponibilità del test a livello globale»: non solo, Elecsys pare che sia già pronto ad essere prodotto «rapidamente in grande quantità e reso ampiamente disponibile nel mondo». Nel frattempo resta lo scontro tutto italiano tra diversi “concorrenti” per i test sierologici: in particolare in Lombardia, la TechnoGenetics di Lodi attacca a muso duro la Diasorin di Vercelli che è stata scelta dalla Regione Lombardia come unico affidamento diretto per la sperimentazione dei test su base regionale tramite il San Matteo di Pavia (primo centro in Italia che da settimane sta sperimentando il test sierologico sui pazienti verso la fase 2). L’azienda lodigiana accusa Fontana e Gallera di aver revocato dopo un solo giorno una manifestazione di interesse (preliminare per la gara) aperta il 6 aprile «senza valutare, sostengono i vertici della società italo-cinese con sede a Lodi, le possibili offerte di altre aziende, magari anche a prezzi più vantaggiosi», riporta il Sole 24 ore.
Se il ricorso andrà avanti e approderà in sede giudiziaria, il rischio forte è che si possa bloccare tutta la sperimentazione nel momento decisivo per capire come e quando poter ripartire a livello di “fase 2”. Da ultimo, pesa anche per il sviluppo degli screening sieroligici quanto sostenuto dall’Istituto Superiore di Sanità e ribadito ancora ieri da Silvio Brusaferro durante il bollettino della Protezione Civile «ci sono molti prodotti sul mercato, e i numeri sono in crescita. Ma manca una valutazione precisa delle loro caratteristiche in termini di specificità e valore predittivo positivo e negativo, per evitare falsi positivi e falsi negativi». Questo è in itinere, conclude il n.1 Iss, e dunque «è difficile dare una patente o un patentino di immunità oggi; laddove il test risulti positivo, è sempre necessario aggiungere un tampone per capire se c’è un’infezione in atto».