Rocío Muñoz Morales, attrice, conduttrice e ballerina, compagna di Raoul Bova, si racconta come ospite del programma su Rai Uno ‘Da Noi… A Ruota Libera’. Parlando delle sofferenze d’amore che ha vissuto in passato, ammette che “tante volte li senti i campanelli di allarme ma non riesci a razionalizzare. A me è successo. Devi capire che in due si sta bene quando tu stai bene con te stessa, anche se non sei perfetta, e l’altra parte deve stare bene con se stesso”. E confessa che “in quel momento allora si può andare avanti, non si può pretendere di sparire, di cambiare se stesse o l’altro per stare insieme”.
Oggi però Rocío Muñoz Morales sta vivendo una bellissima storia d’amore con Raoul Bova che dura da dieci anni e da cui sono nate due splendide bambine. “Mi sento di dire davanti a tutti a Raoul che ci sarò per sempre” si commuove in diretta. E confessa: “ha un sacco di difetti, è disordinatissimo per esempio. Di me deve sopportare che sono un po’ ‘rompi’ ogni tanto, sono casinara, in casa metto sempre la musica e sveglio le bambine per giocare, però ci compensiamo e ci riequilibriamo”.
Rocío Muñoz Morales: “Festival di Sanremo? Pensavo fosse una fiera di paese, andai con…”
Rocío Muñoz Morales ricorda anche di quando è arrivata in Italia e ha dovuto scontrarsi con numerosi pregiudizi, oltre alla difficoltà di imparare la nostra lingua e trovare il suo posto nel nostro Paese, intraprendendo una carriera che si sarebbe rivelata di grandissimo successo a partire dal suo primo Festival di Sanremo. “Quando mi chiamarono per fare un incontro con Carlo Conti per presentare il Festival io ero da neanche un anno in Italia e non sapevo che cosa fosse il Festival, pensavo veramente di stare andando a condurre una fiera di paese. Mi sono presentata all’incontro con un jeans e un collo alto”. E ammette che Carlo Conti “forse ha sentito qualcosa di me che io ancora non sapevo”.
Ripensando ai primi tempi in Italia, Rocío Muñoz Morales confessa che ciò che le faceva più male era stato “non capire perché mi attribuivano degli aggettivi che non riconoscevo in me, questa cosa mi feriva. Parlavo con mia madre e con le mie sorelle, ma non capivo il perché e non avevo la possibilità di raccontarmi e dimostrare chi ero professionalmente”.