Il diritto alla blasfemia è davvero un diritto? Ci piacerebbe che il “coraggioso” cantante polacco Adam “Negral” Darski, leader del gruppo heavy metal Behemoth provasse a esercitare quello che ritiene un suo diritto in paesi come l’Arabia Saudita, dove una donna colpevole di aver guidato una automobile si è fatta tre anni di carcere; in Iran, dove se non indossi il velo in carcere ci puoi stare anche tutta la vita; in quasi tutti i paesi islamici insomma, dove il sesso fuori del matrimonio è punito con centinaia di frustate. Facile invece contestare in Polonia, attaccare la Chiesa è come sparare sulla croce rossa.



Il personaggio si è beccato una innocua multa di circa 3mila dollari per aver pubblicato sui social una foto in cui strappa e calpesta una immagine della Madonna. Potrebbe anche rischiare il carcere perché si rifiuta di pagarla, considerandola una violazione delle libertà personali. Il cantante non vuole pagare la multa e ha deciso di fare ricorso pur sapendo che se dovesse perderlo rischia una pena fino a due anni di reclusione, il massimo previsto in Polonia per blasfemia. E’ vero che la Polonia negli ultimi anni da quando è al governo una forza conservatrice, ha stretto le leggi in tema di religiosità e rispetto del cattolicesimo, ma concepire la blasfemia come un diritto alla libertà è segno di molestia, incitamento all’odio religioso e razziale, violenza pura. E mancanza di rispetto per le credenze religiose degli altri.



Ma Darski vuole andare oltre, ha infatti promosso una campagna, Ordo Blasfemia, per raccogliere fondi per difendere tutti coloro accusati di blasfemia. “La Polonia sta diventando l’ultimo bastione del regime fondamentalista cattolico”, ha affermato il cantante in un video sulla pagina della sua raccolta fondi. Può sempre emigrare in Iran, peccato per lui non esista più lo Stato islamico. In passato il cantante aveva già strappato una Bibbia  e dato fuoco a delle croci sul palco, e aver addirittura scritto una canzone che celebra gli assassini del santo patrono della Polonia, il vescovo Adalberto. “In Polonia è in atto una violazione delle leggi umane più elementari. Non sono solo io, ci sono altri artisti e attivisti molestati dalla polizia e dalla censura” dice. Spostasse le sue campagne a favore delle vittime dell’Islam, diciamo noi.

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