Roger Abravanel, ingegnere con annesso master in Business Administration all’Insead di Fontainebleu e trentacinque anni di lavoro alla McKinsey, dal 2006 è Director Emeritus della stessa società di consulenza, oltre a essere un componente dell’Advisory Board del Politecnico di Milano e presidente dell’Insead Council in Italia. Intervenuto sulle colonne di “Controcorrente”, Abravanel ha analizzato l’attuale scenario politico ed economico che il nostro Paese si trova suo malgrado a vivere dopo la pandemia di Coronavirus, ponendo in evidenza come il ruolo che spetta a Mario Draghi potrebbe non rivelarsi risolutivo.



“Per il presidente del Consiglio la sfida di oggi è molto diversa da quella che ha affrontato alla Banca Centrale Europea – ha sottolineato l’intervistato –, quando è bastato dire ‘Whatever it takes’ e, grazie alla sua autorevolezza, ha scoraggiato gli speculatori della vendita allo scoperto e salvato l’Euro. È ben altro quello che ci vuole per il rilancio dell’Italia”. E se il PNRR, a detta di Abravanel, è fatto bene, spiega nel dettaglio come si spenderanno i soldi pubblici e darà certamente un impulso di crescita economica, i problemi potrebbero non essere finiti per lo Stivale…



ROGER ABRAVANEL: “RISCHIO MAXI-DEBITO”

Nell’ambito del suo intervento sulle pagine della testata “Controcorrente”, Abravanel ha rimarcato che non saranno gli investimenti pubblici a farci abbracciare l’economia della conoscenza accelerata dal Coronavirus. Chi crea crescita, Pil e lavori ad alto valore “sono già oggi le big tech e le grandissime aziende che, dopo la pandemia, sapranno sfruttare il digitale per essere ancora più vincenti”. Però, dall’applicazione del PNRR non arriveranno soltanto benefici, ma si apriranno scenari economici critici, in quanto, a detta di Roger Abravanel, con lo Stato impegnato a investire in infrastrutture, in un primo tempo il Pil aumenterà. Alla fine, però, “ho paura che ci ritroveremo con un debito altissimo e con zero crescita. Già abbiamo sperimentato una droga di denaro pubblico negli anni Ottanta, con il debito nazionale che passò dal 25% al 100% del Pil e il conto arrivò nel 1993”.



Immancabile, in conclusione, un riferimento alla giustizia italiana: “Il problema della nostra pubblica amministrazione è la paralisi decisionale, che deriva da uno strapotere giuridico autoreferenziale che provoca nei cittadini una totale sfiducia, per cui si crede che lo Stato italiano sia più corrotto di quello russo o nigeriano”.