Brutto momento per i Rolling Stones. Cadono loro addosso critiche come se piovesse. E non da parte di qualche moccioso, ma da loro coetanei che con essi presero parte ai magici anni 60, ed erano anche amici. Qualche settimana fa Paul McCartney, definì in una intervista gli Stones niente altro che “una band di cover blues, cioè un gruppo dozzinale come tanti che non fa altro che riprendere classici di musicisti blues. Adesso arriva la stoccata del terzo gruppo inglese più importante degli anni 60 dopo Beatles e Rolling Stones, e cioè gli Who. Il loro cantante Roger Daltrey li ha definiti anche lui nel corso di una intervista “una mediocre band da pub”. Oddio. Quanta cattiveria. Forse i due sono rimasti fermi ai primissimi anni 60 quando in effetti il gruppo di Jagger e Richards esordì con un disco di cover blues e suonando nei pub. Ma poi di dischi di rock originalissimo ne hanno fatti parecchi, basti pensare a capolavori come Stick fingers e Exile on Main street, o a ballate come Wild horses e Angie.



Insomma un po’ riduttivo no? Daltrey almeno ha avuto il buon gusto di definire Mick Jagger il numero uno: “Bisogna togliersi il cappello quando si ha lui vicino. Ma come band, se passassi davanti a un pub e sentissi la loro musica diresti ‘beh, una mediocre band da pub!”. A parte gli scherzi, qualche ragione c’è. I Beatles furono certamente più ingegnosi, esploratori, sperimentatori degli Stones che si sono sempre limitarti alle classiche quattro battute del rock’n’roll e così anche gli Who, un gruppo addirittura teatrale che concepì una rock opera come Tommy. Daltrey però non avrebbe diritto di esprimere tali giudizi: il compositore principe degli Who è sempre stato Pete Townshend, lui era solo un cantante e non ha mai contribuito in modo particolare alla musica del suo gruppo. Insomma: nonostante l’età, queste “vecchiette” rock ormai quasi ottantenni non se le risparmiano.

Leggi anche

Matteo Bocelli, chi è il figlio di Andrea Bocelli: fidanzata, carriera/ Il duetto d’esordio con il papàVirginia, chi è la figlia di Andrea Bocelli/ Dal duetto iconico con il papà al debutto cinematografico