È morto Rohan Kemu: era un giovane di 18 anni con disabilità fisiche e mentali, e si trovava nella Casa Mariana della carità di Uttan a Nord di Mumbai. La notizia è riportata da AsiaNews: il decesso è avvenuto lo scorso 4 giugno e ha lasciato “un odore di santità” per usare le parole di Suor Julie Pereira, che è la Madre Superiora della Casa. Ha parlato di Rohan come di un dono per tutte le sorelle: “Ci ha dato la gioia e la grazia di toccare il Corpo di Cristo”. Negli ultimi giorni il ragazzo si era ammalato: aveva una continua febbre e così suor Julie lo ha tenuto in braccio giorno e notte senza mai lasciarlo, pregando il rosario della Divina Misericordia. In quei momenti, ha raccontato la madre superiora, ha sentito la presenza di Dio che diceva “Questo sono Io, è il mio corpo che stai sostenendo; fai questo in memoria di Me, tutto quello che fai a lui lo hai fatto per Gesù”.



E’ MORTO ROHAN KEMU

E’ stata, quella di Rohan, un’offerta di dolore a Cristo; le sorelle oggi dicono che il ragazzo ha insegnato loro a contemplare e pregare Dio, e che più Rohan soffriva più la sua preghiera era sincera. “Ci ha insegnato a pregare” racconta la madre superiora, mentre padre Godfrey Malu, diacono della parrocchia di Nostra Signora del Mare a Uttan, ha detto del ragazzo (che ha conosciuto otto anni fa) che “è stato scelto da Dio prima che nascesse per essere un esempio di pazienza, resistenza, misericordia e amore a Dio”. La storia dell’amicizia di Rohan con le sorelle della Casa Mariana di Uttan – fondata nel 1992 da padre Mario Prandi per accogliere disabili fisici e mentali – è iniziata quando lui aveva 3 anni: la madre era appena morta e lui, che soffriva di distonia (una malattia che provoca spasmi muscolari anche dolorosissimi, incontrollabili a causa di messaggi sbagliati del cervello), era rimasto solo.



La gente del villaggio lo ha salvato dalle percosse di un padre alcolizzato cronico, che non lo nutriva: così la Casa di carità lo ha accolto ma inizialmente, a causa dei traumi subiti, Rohan si chiudeva in se stesso e non si fidava. Padre Godfrey racconta che la sua trasformazione è avvenuta a poco a poco, e che pian piano il ragazzo ha iniziato a godere della vita; poi c’è stato il momento della Prima Comunione, dopo la quale la sua fede e l’amore per l’Eucarestia erano talmente forti da rimanere contrariato e piangere se il padre non gliela portava. Godfrey racconta anche della devozione per Padre Pio e Giovanni Paolo II, le cui immagini conservava sotto il cuscino. Per il resto era un ragazzo normale, che adorava cartoni animati e cioccolato fondente; alcuni dottori, contagiati dal suo sorriso costante, hanno pagato di tasca loro le cure mediche e le operazioni. “Ringrazio Dio per il dono di Rohan” ha poi detto padre Godfrey “perché mi ha insegnato cosa significa sorridere e dire grazie a Dio per il suo benedirci molto più di quanto noi meritiamo”.

Leggi anche

TRA UE E BERLINO/ Le impossibili maggioranze "variabili" di Ursula von der Leyen