I ladri non volevano intimidire ma lanciare ‘solo’ un «dissenso politico»: le ipotesi avanzate dagli inquirenti che indagano da un mese sul furto in casa di Denis Verdini, papà della fidanzata di Matteo Salvini tendono – clamorosamente – ad escludere un elemento di minaccia lanciata dai malviventi verso l’ex berlusconiano e l’ex Ministro dell’Interno. Anzi, tutt’altro: l’intento era solo di cercare qualcosa da rubare e non avendo trovato nulla di manifestare poi una dissenso politico lanciato da due ladri di etnia rom contro chi in più occasioni si è espresso contrario ai campi illegali di rom presenti in tutte le città italiane più importanti. «Nessun atto intimidatorio nei confronti di Matteo Salvini, ma uno sfregio di due ladri, probabilmente stranieri di etnia rom, che dissentono dalle idee del leader della Lega», spiega il Fatto Quotidiano questa mattina facendo leva alle ultime dichiarazioni della Procura di Firenze e del Comando Provinciale dei Carabinieri di Firenze. Il furto avvenuto nella villa di Pian dei Giullari (sulle colline fiorentine) dello scorso inizio dicembre) in realtà non ha avuto alcun significativo bottino non avendo i ladri trovato alcunché di prezioso da poter sottrarre.



BRUCIATO QUADRO DI SALVINI: NON È MINACCIA MA “DISSENSO”

Prima di andarsene praticamente senza nulla in saccoccia, i ladri di etnia rom – si stanno stringendo le maglie delle indagini e nei prossimi giorni gli inquirenti potrebbero arrivare a identificare gli autentici protagonisti del tentato furto – hanno notato un quadro in soggiorno che ritraeva la figlia di Denis, la bella Francesca Verdini e l’ex Ministro Matteo Salvini raffigurato con tinte azzurre e una camicia bianca. Secondo il Fatto Quotidiano, che riporta fonti di Procura, i ladri a quel punto hanno preso un accendino e lo hanno annerito bruciando la faccia del leader della Lega. Prima della fuga, un “secondo” tocco di “classe”: i due si sono bevuti un bicchiere di limoncello. Qui però il grande errore visto che proprio dall’esame del Dna sul bicchiere gli investigatori potranno arrivare a breve a identificare i malviventi. L’ipotesi dell’atto intimidatorio contro Salvini e Verdini resta, ma al momento la tesi principale resta il “mero” dissenso politico esercitato dai due ladri rom.

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