A Roma la corsa al Campidoglio può cominciare. Ieri il centrodestra ha trovato l’accordo e ufficializzato la candidatura a sindaco di Enrico Michetti, con il magistrato Nicoletta Matone vicesindaco. Il professore, esperto di diritto amministrativo e voce di Radio Radio, sfiderà la sindaca uscente Raggi (M5s), Calenda (Azione) e il vincitore delle primarie Pd, che ha schierato l’ex ministro Roberto Gualtieri. Tranne Virginia Raggi, tutti sarebbero d’accordo su un punto: la situazione della Capitale è disastrosa, dal degrado ambientale alle infrastrutture carenti, dalle periferie al trasporto pubblico fatiscente. Sulle cause tutti però tornano a dividersi, ed è diventato perfino dubbio che esista una risposta. Ne abbiamo parlato con Stelio Mangiameli, ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Teramo, esperto di regionalismo ed enti locali.
Professore, che cosa significa oggi affrontare le elezioni di Roma capitale?
Le elezioni nella città più grande d’Italia, che è anche la capitale della Repubblica, non sono semplicemente un test amministrativo: mettono in discussione l’intera tenuta del sistema politico.
Roma non è una città come un’altra. Ci sono gli organi costituzionali, gli apparati di governo, è la città della Chiesa, ha il maggior numero di beni culturali al mondo. Intende questo?
Chi governa il comune di Roma non può essere un politico di secondo piano; si candida di fatto a un ruolo di governo nazionale. Per contro sta il fatto che le gestioni comunali che si sono susseguite negli ultimi trent’anni sono state così catastrofiche che i vari sindaci, quale che sia stato il loro colore, sono sprofondati nell’oblio, per loro fortuna, e Roma soffre ormai da tempo di una condizione di degrado assoluto.
Eppure la situazione, pur percepita gravissima, sembra non avere cause. Come si spiega?
Le cause ci sono e le responsabilità pure. Questa percezione deriva dal fatto che chi vince le elezioni è quasi sempre in discontinuità con il predecessore, per cui non è responsabile di ciò che è accaduto in precedenza. Nessun sindaco di Roma è riuscito ad essere eletto una seconda volta.
Quindi?
Chiunque viene eletto dovrebbe sentirsi responsabile di tutto il malgoverno precedente e nell’assumere questa carica deve sapere che il suo primo problema è proprio il governo centrale con tutti i suoi apparati.
Quali sono le cause vere del disastro?
Sicuramente il quadro istituzionale e le procedure per Roma capitale. Diversamente dalle altre capitali europee, Roma non gode affatto di un flusso di risorse adeguato a questo ruolo e i suoi miglioramenti nel passato sono sempre stati legati alle leggi speciali e ai grandi eventi: olimpiadi, giubileo, campionati del mondo. A Roma si applicano le stesse disposizioni di un comune con poche migliaia di abitanti.
Cosa si dovrebbe fare sotto questo profilo?
In un libro del 2003, rimasto pressoché unico, ho posto il tema dell’autonomia speciale per la Città metropolitana di Roma capitale sulla falsariga delle Province autonome di Trento e Bolzano. Le discussioni su questo problema sono state sempre affrontate in modo conflittuale soprattutto con la Regione Lazio e non si è riusciti ad affrontare il problema della capitale in alcun modo.
Torniamo alle cause.
La legge n. 56 del 2014 (legge Delrio) si limita a pochi commi per non affrontare di fatto i problemi della capitale; così che Roma non ha affatto un assetto di governo metropolitano, al contrario di Parigi, Berlino e Londra.
Cosa significa governo metropolitano?
Vuol dire che non è accettabile un comune di due milioni di abitanti centralizzato. È necessario un forte decentramento delle funzioni su entità municipali che governino parti della città metropolitana in modo autonomo e sulle quali si dovrebbe situare il governo metropolitano con la pianificazione di area vasta, il sistema di trasporti metropolitano, le grandi infrastrutture. Infine c’è un Ufficio al Mit che dovrebbe seguire i problemi della capitale, ma di fatto anche questo si trova nel posto sbagliato, senza un’adeguata organizzazione e privo di finanziamenti.
Sta parlando di leggi esistenti ma inapplicate o di mala-gestione?
Di entrambi questi problemi, e di un’inerzia di circa trent’anni. L’art. 114 della Costituzione prevede una legge speciale dello Stato per l’ordinamento di Roma capitale, ma a vent’anni esatti dalla previsione questa legge non è stata ancora adottata. L’ultimo intervento speciale risale alla giunta Rutelli, quando fu realizzato il sottopassino di Castel Sant’Angelo, in vista del giubileo del 2000.
Continui.
Di fatto, non c’è mai stata una programmazione degli interventi sulla capitale; manca una sede di concertazione tra governo, regione e città metropolitana di Roma capitale; e, soprattutto, non ci si rende conto che la città di Roma andrebbe compensata per il suo ruolo di capitale.
Di chi sono le responsabilità?
È dipeso dalla scelleratezza di tutti i governi che si sono succeduti, e dalla strumentalità di coloro che hanno ricoperto la carica di sindaco, dell’uno e dell’altro schieramento. I governi hanno ignorato il problema del degrado della capitale senza vergogna per gli ospiti politici stranieri, e i sindaci, quasi tutti rovinatisi politicamente con la sindacatura, pensavano solo a quale altro ruolo politico avrebbero potuto occupare.
Governi e sindaci. Le viene in mente qualcuno?
Veltroni da sindaco di Roma pensava solo a Palazzo Chigi, e come tutti sanno fu un disastro enorme su entrambi i fronti. Tutti i governi che si sono succeduti dopo quello hanno gravissime responsabilità, a cominciare dal centrodestra 2001-2006, poi quello di Prodi e via dicendo.
Dunque cosa serve a Roma capitale? Una legge speciale?
Non basterebbe. Sarebbe l’ennesimo pannicello caldo che nasconde i problemi della città. Roma soffre anche delle conseguenze disastrose del tentativo di riforma costituzionale del Governo Renzi, fermato dal referendum popolare del dicembre del 2016.
Per quale motivo?
Perché quelle istituzioni che avevano regolato sinergicamente la realtà della capitale furono messe fuori gioco. Sulla capitale insisteva un governo provinciale che in massima parte era di supporto allo stesso comune di Roma. Distrutte le province, alla capitale è mancata una gamba.
Allora chiudiamo questa intervista cominciando dal governo. Tre cose – si fa per dire – che il governo Draghi dovrebbe fare subito per Roma.
Se vogliamo semplificare, possiamo dire: assicurare alla capitale un assetto autenticamente metropolitano; stabilizzare un finanziamento finalizzato nel bilancio dello Stato; e gestire in modo concertato una programmazione di interventi infrastrutturali degni di una capitale, dalla digitalizzazione ai trasporti, dal verde pubblico ai rifiuti, dalla viabilità al recupero urbanistico. Ne servirebbe una quarta.
Prego.
Una signora o un signor candidato sindaco da votare, con la s maiuscola.
(Federico Ferraù)
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