Roma è in fomento per l’arrivo sempre più imminente del Giubileo che porterà nella città eterna migliaia e migliaia di fedeli provenienti da ogni parte del mondo con ovvia e conseguente congestione cittadina tra lavoratori, turisti e cittadini e – proprio per questo – è arrivata la proposta di aumentare l’adesione allo smartworking da parte dei lavoratori della pubblica amministrazione: una proposta accolta con una generale timidezza e finita al centro di una mini inchiesta del Messaggero che ha scoperto come all’aumentare del – cosiddetto – ‘lavoro agile’ diminuisce anche l’efficienza dei dipendenti pubblici con una conseguente riduzione della qualità dei servizi offerti.



Procediamo – però – per ordine prima di arrivare al report del Messaggero per recuperare la proposta avanzata per la PA di Roma in vista del Giubileo: pare infatti che nei prossimi giorni (forse mercoledì) si terrà un tavolo di confronto tra la Commissione per l’anno santo presieduta dal sindaco Gualtieri e le sigle sindacali degli ‘statali’ nel corso del quale si discuterà di “un ampliamento dello smartworking” ai dipendenti del “comparto funzioni centrali” del territorio capitolino; ma senza citare eventuali dati percentuali e facendo solo riferimento ad un generico “rafforzamento degli obiettivi” al fine di non ridurre la produttività.



Il report sugli effetti dello smartworking nella pubblica amministrazione: “Performance gravemente insufficienti”

L’idea di Gualtieri è che concedendo lo smartworking ad un numero maggiore di dipendenti della pubblica amministrazione si potrà ridurre il traffico dato che molti dei 50mila statali potrebbero comodamente lavorare da casa, il tutto peraltro riducendo anche l’attuale congestione stradale legata ai numerosi cantieri; ma il rischio è che si incappi in una drastica riduzione dell’efficienza della ‘cosa pubblica’, peraltro creando anche una disparità di trattamento tra chi può lavorare da casa (ovvero, tendenzialmente, chi lavora in ufficio) e chi sarà comunque costretto al lavoro in presenza (medici, infermieri, forze dell’ordine e così via).



A lanciare questo allarme sugli effetti del lavoro agile nella PA è – appunto – il Messaggero che ha trovato un’interessante analisi condotta tra il 2021 e il 2023 dal Dipartimento della Funzione pubblica del Centro di ricerca sul valore pubblico che ha rilevato dati “gravemente insufficienti” sulle “performance organizzative” della pubblica amministrazione ‘agile’; il tutto peraltro in un diffuso disinteresse da parte dei direttori dipartimentali nel raggiungimento degli obiettivi e – soprattutto – nel rilevamento delle effettive performance dei singoli dipendenti.