Gentian Kasa, pusher 45enne pregiudicato ed in semilibertà, è stato ucciso lo scorso sabato a Roma in strada, a Nuovo Salario. Il suo killer gli ha scaricato l’intera pistola addosso. Pochi istanti prima dell’agguato, l’uomo aveva compreso quale sarebbe stato il suo destino ed avrebbe provato ad attraversare la strada, senza tuttavia fare in tempo a salvarsi la pelle. Secondo quanto riporta oggi il quotidiano Il Messaggero, la morte di Gentian è da collocare in un vero e proprio regolamento di conti tra potenti clan albanesi legato al mondo della droga. In questo caso specifico si parla di grandi esportazioni internazionali di cocaina. Quella avvenuta a Roma sarebbe una esecuzione pianificata da tempo. Sono stati quattro, in tutto, i colpi esplosi in rapida successione che hanno raggiunto l’albanese al torace, poi uno alla testa, quello fatale. Tutti i colpi sarebbero andati a segno. Sono diverse le piste attualmente percorse dagli inquirenti ma la più probabile avrebbe a che fare proprio con la mafia albanese ben radicata in vari quartieri della Capitale: a Ponte Milvio, a Primavalle, a Ostia, a San Basilio. La vittima avrebbe scontato a breve la sua pena per droga a Rebibbia. Come gli era stato concesso dallo stato di semilibertà, anche sabato sera era tornato a vivere con la moglie, salvo poi salutarla alle 23 per tornare in carcere. Il suo assassino però, aveva ben chiaro i suoi nuovi spostamenti e non gli ha dato scampo.
ROMA, PUSHER UCCISO IN STRADA: LE IPOTESI
Il pusher ucciso nei giorni scorsi a Roma aveva un passato poco limpido e vari problemi legati proprio alla droga. Era già stato arrestato prima a Roma e successivamente ad Ancona con l’accusa di essere coinvolto nel traffico internazionale di droga. Non era dunque un semplice pusher ma un corriere importante. Da questo caso è emerso però anche un altro dato: il forte legame tra la ‘ndrangheta Calabrese e la mafia albanese, entrambe ben radicate a Roma. E sempre gli albanesi emergono anche in riferimento ad un altro caso che non trova ancora soluzione, la morte di Diabolik, Fabrizio Piscitelli. Non solo: gli inquirenti avrebbero notato un altro particolare. Il killer avrebbe sparato dopo alcuni giorni dagli arresti a San Basilio in merito all’inchiesta sul narcotraffico e che ha fatto scattare le manette a scapito – tra gli altri – dei fratelli Marando, dell’omonima cosca calabrese. Dietro il delitto del pusher 45enne, dunque, gli inquirenti non escludono possa esserci un miscuglio mortale, una “miscela devastante”, come spiega un investigatore, che vede la presenza della mafia nostrana unita alla ferocia dei boss albanesi.