Si può essere favorevoli alle unioni di fatto e insieme volere un fisco più attento ai bisogni delle famiglie? Assolutamente sì, parola di Benedetto Della Vedova. Sabato scorso a Todi, con un intervento su laicità e temi etici, il vicepresidente dei deputati di Futuro e Libertà ha provocato la reazione infastidita di Rocco Buttiglione. E sui giornali si è tornato a leggere che il terzo polo è spaccato tra cattolici e laici. Ma sulle questioni concrete – assicura Della Vedova – l’accordo è possibile. A partire dalla difesa «concreta e non ideologica» della famiglia, con una riforma del fisco che aiuti chi sta crescendo dei figli.



Buttiglione ha consigliato a Futuro e Libertà di non prendere una posizione sui temi etici e di comportarsi da partito non ideologico. Seguirete il consiglio?

«Noi non siamo un partito ideologico, speriamo che neanche gli altri si comportino come tali. Poi ognuno è libero di scegliere la linea che vuole su temi che non coinvolgono il progetto di governo che si intende offrire agli italiani. Questo vale anche per il nuovo Polo per l’Italia, che non vuole offrire un impianto “bio-politico” agli elettori italiani ma un disegno comune di etica pubblica e un disegno riformatore per l’Italia».



Quindi, sulle questioni eticamente sensibili, la linea del partito è “non avere una linea”?

«All’interno di Futuro e Libertà partiamo da posizioni diverse. Ma siamo nello stesso partito, cercheremo di trovare una posizione comune attraverso un confronto molto serio tra di noi. Personalmente credo che sia possibile, ma anche se non lo fosse non sarebbe drammatico: per altri temi, anche in caso di divergenze può essere opportuno che scatti una scelta compatta; sui temi bioetici no».

Il suo intervento a Todi è stato letto come una polemica nei confronti dei cattolici e della Chiesa. Era questo il suo intento?



«È stato letto male, non avevo alcun intento polemico. Sottolineavo una mia convinzione: sui temi civili, nel corso dei 150 anni della Repubblica, le posizioni si sono molto modificate. Da parte di tutti, anche da parte della Chiesa. Non c’è nulla di polemico – men che meno di denigratorio – nel dire che l’attitudine della Chiesa rispetto allo Stato italiano, alla partecipazione alle politica dei cattolici, è mutata nel corso dei decenni. Anche rispetto ai temi della famiglia, la posizione è mutata e sono mutate le leggi. L’atteggiamento nei confronti di leggi come quella sul divorzio, a cui la Chiesa si è opposta lealmente ma duramente, oggi è cambiato. Il principio dell’indissolubilità del matrimonio rimane, ma la Chiesa non chiede ai politici cattolici di impegnarsi per cancellare la normativa sul divorzio.

«Il mio intento era stemperare le contrapposizioni, tenendo conto di una realtà che è mutata e che muterà ancora. I miei amici dell’Udc non sono uomini di Chiesa, nel senso istituzionale; il mio era un invito a confrontarci, senza scontri ideologici. La saggezza della Chiesa e la sua capacità di attraversare i secoli è testimoniata anche dalla capacità di cambiare atteggiamento (ma non idea) nei confronti delle cose della società».

QUOZIENTE FAMILIARE E PACS, CONTINUA A LEGGERE L’INTERVISTA A BENEDETTO DELLA VEDOVA CLICCANDO SULLA FRECCIA

Parlando del tema della famiglia: in questi giorni si discute di quoziente familiare, in vista del decreto attuativo del federalismo municipale. Qual è la posizione di Futuro e Libertà?

 

«Noi tutti siamo favorevoli a passare da una difesa della famiglia di natura solamente ideologica – che serve per contrastare su un piano legislativo il riconoscimento giuridico di forme di unione diverse dal matrimonio – ad una difesa pratica. È quello che succede in molti paesi europei, dove si riconoscono le coppie di fatto e ci sono misure concrete in aiuto della famiglia; in Italia invece ci si accanisce contro le coppie di fatto e contemporaneamente non si fa nulla di concreto per la famiglia. Serve concretezza: sono da sempre per il buono scuola, perché si riconosca pienamente il diritto di scelta per le famiglie sull’educazione dei figli.

 

«Credo si debbano introdurre misure che favoriscano dal punto di vista fiscale i genitori; bisogna poi scegliere lo strumento “tecnicamente” più adatto. Il quoziente familiare in senso stretto rischia di favorire il matrimonio in quanto tale piuttosto che aiutare i genitori che crescono i figli. Ma su misure fiscali che aiutino i genitori siamo tutti d’accordo. E così bisogna fare di più per i servizi rivolti all’infanzia».

 

Pare che dall’ultima bozza del decreto Calderoli scompaia il fondo di 400 milioni in favore delle famiglie. Che ne pensa?

 

«Non so se i decreti attuativi sul federalismo fiscale siano lo strumento più adatto per una grande riforma del fisco, che affronti finalmente anche il nodo di un fisco amico dei figli. Il problema non è se farlo nel federalismo fiscale o altrove: il problema è affrontare la questione di uno Stato che spende troppo e tassa male. Se facessimo meno contrapposizioni ideologiche, occupandoci sia delle coppie non sposate sia delle coppie sposate, se avessimo come obiettivo quello di cresce i genitori che crescono i figli forse potremmo fare tutti un passo avanti.

 

«Guardiamo alle politiche dei grandi partiti che fanno parte del Partito popolare europeo: in Francia ci sono i Pacs e c’è il quoziente familiare. Se devo scegliere un mio personale modello, è quello, rispetto a un paese in cui non ci sono i Pacs e non c’è nemmeno un fisco che aiuti le famiglie con figli. Tenendo presente anche lo specifico italiano di un bassissimo tasso di occupazione delle donne; bisogna aiutare le donne con figli senza disincentivarle a lavorare, e ci sono modelli ben sperimentati in tutta Europa su questo».

 

Se si andasse al voto, questo tema farebbe parte di una piattaforma comune a tutto il terzo polo?

 

«Magari manterremo opinioni diverse sulle coppie di fatto, ma abbiamo in comune l’idea di una riforma fiscale in cui il sostegno ai genitori che sostengono i figli abbia un ruolo centrale. Su questo bisogna fare passi concreti in avanti, laddove non si è mai fatto nulla».

 

(Lorenzo Biondi)

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