“Difficile distinguere tra black bloc cattivi e Indignados buoni. Quello che sabato ha manifestato a Roma è un movimento infiltrabile per definizione da qualsiasi gruppo eversivo. La sua vera natura è quella di essere un contenitore vuoto e il suo atteggiamento morale di fondo è perlomeno discutibile. Se ha preso di mira chiese e oggetti di culto non è un caso, ma fa parte del suo background culturale”. Massimo Introvigne, opinionista e studioso dei rapporti tra religione e società, commenta per Ilsussidiario.net le devastazioni nel corso della manifestazione romana degli Indignati, che ha causato 135 feriti e portato a 12 arresti.



Il giorno dopo gli scontri, i principali quotidiani hanno stigmatizzato le violenze ma salvato il corteo “buono”. Che cosa ne pensa degli slogan e degli obiettivi della manifestazione di sabato?

Questa distinzione mi sembra un’operazione molto difficile da compiere. Certamente, non tutti i partecipanti al corteo erano dei criminali con l’obiettivo di dare fuoco alle camionette della polizia. L’origine del movimento è nel libro “Indignatevi” di Stéphane Hessel, e il suo spirito è quello della protesta per la protesta. Essendo un contenitore vuoto, privo di proposte precise, si presta più di altri a essere infiltrato e riempito di contenuti eversivi e violenti. Il movimento degli Indignati reclama il diritto di non pagare i debiti, chiede che non si compiano sacrifici, pretende che lo Stato mantenga tutte le persone che non hanno un lavoro. Testimonia quindi uno spappolamento sociale e una condizione di degrado. Inutile stupirsi quindi. Il vuoto pneumatico di contenuti e di pensiero dell’indignazionismo favorisce più che mai quanto è avvenuto sabato a Roma. L’unico collante è un atteggiamento di fondo, molto discutibile dal punto di vista morale: è una piazza che non vuole compiere sacrifici e pretende che se li accollino gli altri.



Molti degli slogan di sabato erano contro le banche. Quest’ultime sono davvero responsabili della crisi globale?

Papa Benedetto XVI nell’enciclica “Caritas in Veritate” ha detto molto chiaramente che il mondo non può fare a meno della finanza. Gli slogan degli Indignati sono un ritorno al vetero-marxismo, criticano cioè l’economia di mercato in quanto tale e non i suoi eccessi. Non a caso, Libération ha definito il libro di Hessel come “il Babbo Natale delle buone coscienze”. A 43 anni dal ’68, tutto ciò che ci è rimasto è un rivendicazionismo generico che non produce nulla.



Eppure per Mario Draghi “i giovani hanno ragione a prendersela con la finanza come capro espiatorio” …

Quelle di Draghi sono dichiarazioni davvero imprudenti. Lui si riferisce ovviamente agli apprendisti stregoni che hanno portato alla crisi globale. Ma questa analisi non ha nulla a che vedere con le proteste degli Indignati, che non compiono nessuna distinzione tra finanza buona e finanza cattiva ma semplicemente si indignano. Quindi le parole di Draghi sono sbagliate e pericolose, perché rischiano di legittimare un movimento del nulla.

 

Gli Indignati sembrano animati dall’ideale della democrazia diretta. Ritiene che ci riusciranno?

 

Oggi come oggi la democrazia diretta è possibile solo in qualche cantone rurale della Svizzera. Condivido al contrario quanto affermato da molti quotidiani internazionali, tra cui il Corriere della Sera, secondo cui di fatto queste iniziative rischiano di aprire la strada a un riflusso autoritario e di destra. Il ’68 francese portò al ritorno del Gollismo, le proteste degli anni ’70 negli Usa furono il preludio dei trionfi di Ronald Reagan. E questo perché a un certo punto chi si indigna è la gente comune, che vuole l’ordine pubblico e non la violenza.

 

Che cosa ne pensa delle violenze commesse contro gli edifici di culto?

 

E’ qualcosa che ha caratterizzato gli Indignados fin dalla loro nascita. Fin dalle prime proteste in Francia e in Spagna, questo nuovo movimento si è contraddistinto per la sua dimensione anticattolica. Non a caso a Madrid ha contestato il viaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Gioventù. Sono gli effetti della polpetta avvelenata servita da Hessel, che nel suo libro invita a indignarsi contro tutti coloro che chiedono sacrifici e responsabilità: quindi contro il sistema economico, la politica in generale e non da ultima la Chiesa. Offrendo per il resto un minestrone di valori che vanno dalla resistenza ai nuovi diritti, come quelli delle femministe e degli omosessuali. E’ inevitabile quindi che, sulle basi di queste premesse, la Chiesa e il Papa diventino uno dei nemici degli Indignati.

 

Perché finora le violenze si sono verificate solo in Italia?

Non è così, basti pensare a quanto è avvenuto nella Plaza del Sol in Spagna, dove solo un enorme spiegamento di polizia ha impedito che gli Indignados venissero a contatto con i ragazzi della Giornata Mondiale della Gioventù, con intenzioni tutt’altro che pacifiche. I riots di agosto a Londra del resto sono stati molto simili agli scontri di Roma. Dobbiamo quindi sfuggire a questa logica, che è un tentativo dell’opposizione italiana di far credere che le devastazioni siano avvenute per l’incapacità del nostro governo. Mentre questo movimento può diventare violento in qualsiasi momento.

 

Ma allora perché i black bloc stranieri prediligono l’Italia?

 

Perché amano i nostri magistrati e il nostro sistema giudiziario, molto più permissivi rispetto a quelli degli altri Paesi europei. I black bloc di tutto il mondo sanno benissimo che in Italia, anche se finiscono in galera, entro due giorni saranno liberi. Chiunque è al corrente del fatto che la polizia italiana ha le mani legate per l’atteggiamento dei nostri magistrati. I quali dimostrano al contrario, come abbiamo visto dopo i fatti di Genova, un atteggiamento molto severo nei confronti degli agenti con il compito di difendere l’ordine pubblico.

 

Quali interrogativi pone alla politica quanto è accaduto a Roma?

 

C’è un tentativo molto maldestro da parte dell’opposizione di cavalcare gli scontri, senza rendersi conto che la protesta era diretta contro la politica in genere e non contro Silvio Berlusconi o il centrodestra. Quindi la politica deve rispondere con grande severità in termini di ordine pubblico, anche se purtroppo questo in Italia significa toccare i grandi nodi che riguardano il rapporto tra il potere esecutivo e quello giudiziario.

 

(Pietro Vernizzi)

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