Parleremo a lungo dei disordini, o meglio della guerriglia, che ha sconvolto le strade del centro della capitale  sabato pomeriggio. Strade di un quartiere antico, segnato da monumenti cari al popolo della città,  dalle rovine imperiali alle basiliche della cristianità. Strade di un quartiere nuovo. Coacervo di etnie e religioni e povertà. Che convivono faticosamente e avrebbero pure ragioni di lamentela e di rabbia.
Ma sabato pomeriggio, non c’erano, davanti all’assalto armato di quei figli di borghesi, che come i loro padri gridavano il loro nulla incattivito contro i poliziotti, loro sì, come coraggiosamente diceva Pasolini,  capaci di coraggio e tenacia, per difendere il bene comune e  il loro stipendio da operai della nostra sicurezza. Ci saranno giorni e polemiche, per capire come si lasci depredare una città da barbari organizzati, (un migliaio?) sostenuti dalla connivenza di politicanti e urlatori da piazza, senza un progetto o un ideale che non lo sfascio e l’odio, per sostenere una vita vuota.
Facile ora condannare e pretendere punizioni esemplari. Le università e i centri sociali da settimane preparavano il sacco, e nessuno li ha voluti fermare, con le ragioni della ragione, con gli strumenti di una politica che si vergogna, a cavalcare le piazze. Ci voleva più severità e rigore, si lamenta, salvo mettere alla sbarra le forze dell’ordine semmai ci fosse scappata una tragedia come a Genova, ed erano pochi anni fa.
Ci vorrà una riflessione netta, se ancora è possibile, tra i tanti giovani che non sanno distinguere tra le loro ragioni, e l’uso strumentale e delittuoso che altri ne fanno, violentando la loro ingenua voglia di protagonismo e giustizia sociale. Ci resta prima di tutto un fermo immagine, nel film di urla, fuoco, pietre, spranghe e bastoni, nei fotogrammi che testimoniano il degrado umano, più ancora che la città messa a ferro e fuco.
E’ la furia di chi strappa dall’altare di una chiesetta la stata di una Madonnina, la scaraventa a terra, la riduce in frantumi. Certo, si dirà, statue così ce ne stanno tante, non era un’opera d’arte, ben altri crimini hanno portato lacrime e sperperato denaro pubblico. Ma è un segno non da poco, perché quel volto dolce, che continua a sorridere sul selciato, calpestato e offeso, è specchio della barbarie del cuore, della cecità inferocita, che non ha più timore della legge degli uomini e della legge di Dio.  Davvero c’è ancora qualcuno che pensa  che la Madonna e i Santi identifichino la Chiesa come luogo di potere?



Rappresentano un altro potere, grandissimo, che da duemila anni in effetti difende la gente, dona consolazione  e speranza, rivela la verità tra i diseredati che subiscono violenza. Gli invasori che cavalcavano in lungo e in largo per la penisola bruciavano i conventi, dove tra gli incensi e gli affreschi si tramandava la cultura, la bellezza, la carità; i principi e i dittatori che si facevano portatori di libertà e fratellanza occupavano le chiese e ci facevano accampare gli eserciti. 
I rivoluzionari che volevano cambiare il mondo sempre, in tutti i paesi, hanno cominciato col divellere i portoni delle cattedrali, saccheggiare le sacrestie, distruggere i simboli del sacro. La Senna lasciava intravedere nei giorni gloriosi che si trasformarono nel Terrore i voti degli angeli, degli apostoli magistralmente scolpiti sula facciata di Notre Dame de Paris. E’ già successo, e altre statue sono state costruite. E dove non è stato possibile costruire con la pietra, si sono inventati mattoni nuovi.  
I totalitarismi che hanno vessato le povere vite dei nostri padri e nonni hanno perseguitato i cristiani, sotto il segno della svastica o della falce e martello. I regimi assoluti che straziano il  mondo oggi uccidono e incarcerano e torturano i cristiani, bruciano i loro luoghi di preghiera. Come in altri tempi, pregano nelle case. Pregano comunque.  
La Madonna a terra in via Merulana ci guarda e ci sostiene, nel buio che a volte ci toglie il respiro, e ci toglie coraggio e forza; ci ammonisce perchè non restiamo indifferenti  o pavidi, sopportando l’insulto e gli sgarri; resta lì, a piangere con la pietà di una madre per quei figli sventurati e infelici, che ogni giorno, da sempre, feriscono di mille spade il suo corpo e la costringono ad assistere alla crocifissione del Figlio. 

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