Roma. Pochi giorni fa il sindaco Gianni Alemanno ha dichiarato di voler prendere seri provvedimenti contro le sempre più frequenti corse clandestine nella capitale. Auto che sfrecciano a tuta velocità per le maggiori strade periferiche di Roma, che per una notte si trasformano in veri e propri circuiti creando il panico tra i residenti esasperati. L’annuncio è arrivato il giorno prima della partenza di Alemanno per Cracovia dove parteciperà al progetto Roma nel cammino della Memoria, un viaggio con 240 studenti romani ad Auschwitz e Birkenau organizzato dall’assessorato alla famiglia diretto da Gianluigi De Palo. «Abbiamo cercato di debellare il fenomeno incrementando la presenza degli agenti della polizia di Roma Capitale, un monitoraggio che ha dato buoni risultati così come ci riferiscono gli stessi residenti. – ha detto il primo cittadino – Non possiamo però lasciare sempre delle volanti, in modo continuativo in quella strada, ma dobbiamo intervenire in modo più incisivo». Così, ecco partire un progetto sperimentale che consiste nell’installazione di diversi dossi lungo le strade più a rischio della capitale per impedire l’alta velocità e cercare di debellare il problema: «Abbiamo studiato quale fosse la soluzione migliore e alla fine abbiamo pensato a ai dissuasori di velocità. – ha spiegato Alemanno – I dossi dovrebbero essere posizionati solo in aree residenziali, ma ho chiesto ai vigili di fare una forzatura al Codice della Strada pur di risolvere il problema». Si comincerà in via di Torre di Mezzavia, tra Anagnina e Tuscolana, dove poco tempo fa le Forze dell’ordine sono intervenute per fermare l’ennesima corsa clandestina, con un bilancio finale di 140 persone identificate, 20 multe per violazione del Codice della Strada, 13 patenti ritirate e 5 veicoli sequestrati per il riscontro di modifiche vietate. «Tra quindici giorni installeremo dossi in via Torre di Mezzavia – ha detto il primo cittadino – perché vogliamo debellare definitivamente il pericolosissimo fenomeno delle corse clandestine che oltre a mettere a rischio la vita delle persone è un pessimo esempio sul piano dell’educazione stradale». IlSussidiario.net ha chiesto un parere al noto psichiatra Alessandro Meluzzi, che spiega cosa spinge giovani e giovanissimi a rischiare la vita in una corsa clandestina: «In situazioni come queste è presente un duplice meccanismo: il primo riguarda il classico comportamento giovanile e adolescenziale che privilegia molto spesso situazioni di forte rischio, una sorta di tossicodipendenza da adrenalina che si esprime anche in altri comportamenti che invece sono leciti, come lanciarsi con il paracadute o gettarsi da un ponte con i piedi legati a un elastico, che però sono situazioni in cui c’è un bisogno di provare emozioni forti in situazioni a rischio controllato. Nelle corse clandestine usciamo invece dalla zona del rischio controllato, per entrare in una situazione completamente fuori controllo, che assomiglia anche ad altre attività autodistruttive come il “balconing”, in cui ci si lancia dai balconi per cercare di tuffarsi direttamente nella piscina o di saltare sulla terrazza di un’altra stanza; o come è accaduto su alcune strade spagnole quest’anno, l’idea di infilarsi in grandi scatole di cartone per provare il brivido delle automobili e dei camion che riescono ad evitarle.



Spesso però queste attività sono anche molto vicine alle sindromi da gioco patologico, il “gambling”: il gioco d’azzardo patologico è un fenomeno che si sta diffondendo drammaticamente in tutte le età, dai più anziani che spendono i risparmi di una vita, fino ai giocatori assidui dei videopoker, e rappresenta certamente una delle dinamiche connesse con i comportamenti depressivi e ossessivo-compulsivi più diffusa in tutte le età della vita. Nei giovani questo incontra anche una certa immaturità, una propensione a comportamenti di rischio e un atteggiamento gladiatorio, da banda o da branco che è connesso a pratiche di questa misura, con spettatori che a bordo di queste piste applaudono entusiasti come in un’arena». Il professor Meluzzi ci spiega poi che nelle zone di periferia «c’è un problema di riappropriazione del territorio, e marcarlo significa possederlo, controllarlo, distruggerlo, violentarlo e, come in questo caso, usarlo in modo illegale. Quindi fa bene il sindaco a cercare di riappropriare questo territorio alla città dell’Urbe. Il fenomeno è in crescita perché sta crescendo anche una certa marginalità giovanile metropolitana che sperimenta già il morso della crisi dal punto di vista dell’identità, perché magari ha poche speranze e prospettiva, ma non ha una dimensione  di bisogno materiale ancora così disperata da non potergli permettere di avere questo tipo di “giochi”. Non credo che l’installazione dei dossi possa bastare ad arginare il fenomeno, ma è necessario un tentativo di  risocializzare la città e di riappropriarsi del territorio, perché fino a che non ci saranno cittadini che prontamente attivano una pattuglia delle forze dell’ordine, il fenomeno non potrà essere contrastato efficacemente. Ma anche i cittadini devono essere coinvolti, ed è proprio questa lacerazione del tessuto di comunità che rende queste malattie sociali particolarmente gravi, e alla fine ognuno ne parla e le guarda che se non lo riguardasse da vicino. Poi potrebbero intervenire volontari e associazioni presenti sul territorio, ma non è facile perché queste gare avvengono sempre di notte, in  luoghi oscuri, e sono quindi necessarie persone veramente motivate».



 

(Claudio Perlini)

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