Roma. Pino Galeota del Coordinamento Corviale Domani, Elio Bovati del Comitato inquilini Corviale e Franco Sellitto e Angelo Scamponi del Comitato di quartiere Magliana Arvalia hanno occupato per protesta la presidenza delle Case Popolari nel quartiere Corviale della capitale, luogo del cosiddetto “Serpentone”, struttura di cemento formata da due palazzi di nove piani, lunghi un chilometro e edificati nel 1972, che ospitano 1.200 appartamenti di diverse dimensioni. «Terminato nel 2010 l’iter amministrativo, finalmente dopo 35 anni si possono spendere i 23 milioni di euro, messi nel bilancio dell’Ater prima dalla giunta Storace e poi da quella Marrazzo per i lavori di riqualificazione del palazzo Ater di Corviale, “il Serpentone”, previsti dal secondo contratto di quartiere. Invece oggi tutto è fermo», annunciano attraverso un documento gli occupanti. «La Giunta Polverini e l’assessore alla casa Buontempo, appena insediati dichiaravano a raffica a giornali, radio e tv: “Il nostro primo intervento per le periferie è abbattere il Palazzo di Corviale”. Così con una lettera all’Ater il nuovo assessore ha bloccato l’avvio dei previsti lavori di riqualificazione del Serpentone. A distanza di 18 mesi – continua il documento – e senza aver messo alcun euro in bilancio, nessun intervento è iniziato.  Solo chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere. Alle nostre richieste e iniziative per far rispettare gli impegni assunti, segue un silenzio tombale. Dopo i tanto reclamizzati  18 mesi della Giunta Polverini, che copre gli abusi e le illegittimità  del suo assessore  Buontempo, Corviale e il Quadrante che lo contiene, sono stati cancellati  dal territorio romano e regionale. Una scelta che ci ha portato come associazioni a  denunciare alla Corte dei Conti, per abuso di ufficio e danno erariale, sia l’assessore Buontempo che la presidente Polverini e il presidente e il direttore generale dell’Ater». Sulla vicenda è intervenuto Umberto Marroni, capogruppo del Pd in Campidoglio, secondo cui «non spendere  23 milioni destinati alla riqualificazione di Corviale è  irresponsabile. Da anni i cittadini attendono l’avvio dei lavori e  l’Ater da mesi non può procedere all’affidamento e alla cantierizzazione degli interventi perché l’assessore alla casa Buontempo blocca i fondi. Evidentemente l’interesse per le periferie del centrodestra anche alla regione è solo a parole, nei fatti un opera utile come la riqualificazione dell’intero stabile rimane ferma mentre si aggrava il degrado». Ribatte immediatamente lo stesso assessore Buontempo: «La stragrande maggioranza degli inquilini di Corviale è contraria ad effettuare lavori per sanare spazi occupati abusivamente. L’intero edificio ha bisogno di ben altre manutenzioni, per le quali c’è tutto il nostro impegno per migliorare la qualità della vita di chi vi abita». IlSussidiario.net ha chiesto all’architetto Loreto Policella un parere riguardo questa delicata questione e il “Serpentone” di Corviale: «All’interno del Serpentone si scontrano diverse questioni, sia ideologiche che di disagio sociale. Il modello di riferimento di quell’edificio si riferisce all’edilizia degli anni Trenta e Quaranta di paesi come l’Austria, dove fu costruito il Karl Marx-Hof, un edificio grandissimo simile a quello del Corviale. Il fatto è che a Roma quella struttura ha preso una forma del tutto singolare, diventando un vero e proprio muro della città e, in attesa di vedere se i fondi promessi verranno confermati, posso comunque già immaginare che demolire quell’edificio è tecnicamente impossibile: solamente i residui della demolizione, per essere smaltiti, necessiterebbero almeno di due o tre centrali di smaltimento, e in questo momento a Roma non c’è neanche un centro di smaltimento che possa essere adeguato per quella dimensione. La demolizione è quindi costosissima e impone una serie di decisioni di carattere generale sulla città, sia per quanto riguarda gli aspetti logistici, ma anche quelli relativi al ricollocamento dei tanti nuclei familiari che abitano il “Serpentone”.



Ci sono invece state diverse ipotesi di intervento proprio sulla tipologia dell’edificio, tese a rendere la condizione sociale più gestibile e vivibile, grazie a un migliore rapporto tra servizi e cittadini. Basti pensare che l’edificio in questione presenta dei corridoi di disimpegno posizionati a grandi altezze, che creano un isolamento totale rispetto alla strada con conseguenti grandi difficoltà, anche solo per quanto riguarda i collegamenti per i portatori di handicap. Per cui il mio giudizio è che bisogna assolutamente intervenire, e non farlo significa accelerare un disagio sociale che rispetto alle altre periferie romane è estremamente più complesso da affrontare. Si tratta di un tema molto delicato, perché se le periferie sono ben tenute e curate, anche attraverso importanti opere, questo si riverbera fino al centro della città. Nel caso specifico, il problema è che fare delle opere all’interno delle periferie, sia di carattere manutentivo che trasformativo, implica una visibilità molto più contenuta rispetto a quella che può offrire un piccolo intervento in un’area centrale. Tenere in equilibrio le esigenze di organizzazione e riqualificazione delle periferie e le esigenze di grandi infrastrutture urbane deve essere un tema centrale per la pubblica amministrazione di Roma e, quando si nota un forte sbilanciamento, le periferie che vengono spesso dimenticate tornano all’attenzione pubblica solo attraverso l’aumento della delinquenza e episodi di cronaca. In questo momento a Roma si sta troppo pensando all’immagine, quando invece dovrebbe esserci un’attenzione molto più ampia nei confronti delle periferie, dove sostanzialmente vive l’80% della popolazione della città».



 

(Claudio Perlini)

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