Roma. Martedì scorso due persone hanno perso la vita nel Lazio sul posto di lavoro: prima un ragazzo polacco di 28 anni è cascato da un’impalcatura a Supino, nel Frusinate, mentre stava sistemando un tetto di una fabbrica, precipitando da circa dieci metri di altezza. Poi un uomo di 58 anni, Giuseppe Delle Monache, di Soriano nel Cimino, in provincia di Viterbo, è stato schiacciato da due lastre di peperino pesanti alcuni quintali mentre si trovava nella cava alla guida del macchinario utile al taglio di questi blocchi. Il 16 novembre scorso un operaio romeno di 36 anni era invece morto dopo essere stato schiacciato da una paratia di metallo caduta accidentalmente all’interno del cantiere stradale dove stava lavorando, in via Silvio Canevazzi, a Ponte Galeria: secondo quanto si é appreso, l’uomo è morto sul colpo. Il segretario generale della Fillea Cgil, Walter Schiavella, ha immediatamente detto che «non è possibile continuare così, chiediamo al nuovo esecutivo di avviare subito un piano straordinario di controlli sulla sicurezza e sulla regolarità del lavoro nei cantieri», perché «la corsa al ribasso e al risparmio sui costi del lavoro, l’esasperazione dei ritmi produttivi, l’elusione delle regole e l’assenza di controlli: in tempo di crisi l’insieme di questi elementi produce una sola cosa, l’aumento degli incidenti e dei morti sul lavoro. Occorre fermare questa carneficina», conclude Schiavella. IlSussidiario.net ha chiesto un parere a Francesco Sannino, Segretario generale Feneal Uil di Roma e Lazio, il sindacato di categoria dei lavoratori che operano in imprese impegnate nel settore dell’edilizia: «Riguardo agli incidenti mortali avvenuti negli ultimi giorni è necessario capire le reali dirette responsabilità dell’impresa: per entrare nel merito della vicenda di Ponte Galeria della settimana scorsa, sembra che l’uomo rimasto ucciso non fosse un muratore regolare, e alcune verifiche effettuate dopo l’accaduto hanno riscontrato delle irregolarità dal punto di vista contrattuale. Questo fa quindi ripensare a problemi e temi fondamentali, come il lavoro nero, la legalità e la sicurezza. Anche riguardo l’episodio registrato martedì scorso nella provincia di Viterbo, in quel caso si tratta di un’azienda non sindacalizzata, in cui poco tempo prima lo stesso sindacato aveva provato a organizzare un incontro per sensibilizzare i lavoratori, a cui “casualmente” non partecipò neanche un dipendente. Non voglio assolutamente collegare la tragedia a un comportamento negativo da parte dell’impresa, ma sicuramente è una situazione che lascia in qualche modo perplessi. Rispetto invece all’altro brutto incidente avvenuto in provincia di Frosinone, da quello che ho potuto ascoltare dai colleghi presenti sul territorio, le circostanze in cui è avvenuto l’incidente sono particolari, perché innanzitutto è avvenuto prima dell’inizio dei lavori e poi perché sembra che su quell’azienda ci sia una particolare attenzione per quanto riguarda la sicurezza. Sta di fatto che questo lavoratore si trovava su un tetto dove non doveva assolutamente trovarsi in quel momento, e quindi ora ci chiediamo come mai fosse salito in cima all’impianto quando l’orario di lavoro ancora non era iniziato. Come avevamo già denunciato a fine giugno attraverso un indagine sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, frutto dell’attività fatta nel Lazio dagli r.l.s. (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza), è stato verificato un calo dell’attenzione su questo problema da parte delle imprese. C’erano quindi già dei segnali abbastanza seri, e purtroppo sembra che il tempo ci dia ragione, perché nelle ultime 24 ore in tutta Italia abbiamo assistito ad una vera e propria mattanza sui luoghi di lavoro a causa della mancata attuazione delle norme di sicurezza. Il rischio è che tutto quello che è stato fatto di buono in questi ultimi anni, per ultimo l’abbattimento dei mille infortuni mortali, tanti sono quelli registrati nel 2010 dall’Inail, possa essere totalmente vanificato. Ci troviamo in una vera emergenza?



Questi sono certamente campanelli d’allarme seri che non possono restare inascoltati, e anche oggi abbiamo denunciato la situazione attuale attraverso un presidio che abbiamo realizzato a piazza Santi Apostoli, perché siamo convinti che il primo risparmio che un’impresa cerca di realizzare è sicuramente sul fronte della sicurezza e del lavoro, ed è quello che sta effettivamente accadendo ed emergendo. Per risolvere la situazione, si potrebbero intanto attuare i protocolli che con fatica vengono realizzati, e nel caso della realtà romana, ne abbiamo fatto uno a febbraio con il prefetto di Roma che spinge verso la realizzazione della Stazione Unica Appaltante, che però non è ancora stato applicato, anche perché se non si aderisce all’intesa a partire dai Comuni è chiaro che ogni sforzo viene vanificato. In questi ultimi anni ci siamo battuti, ottenendo anche risultati importanti, puntando molto sulla formazione e sulla sicurezza, perché riteniamo che si tratti di un fatto culturale. Abbiamo investito parecchio e negli anni passati uno sforzo è stato fatto anche dalla Regione Lazio, ma va detto che nell’ultimo periodo questa attenzione da parte della Regione, soprattutto nei confronti del settore edile, che è quello più a rischio, è venuto meno. Non c’è quindi a livello regionale un tavolo di confronto né con il sindacato confederale né tantomeno con quello di categoria degli edili sul problema della sicurezza. Il contributo che la Regione erogava negli anni passati per sostenere la formazione, per quanto limitato, era comunque importante e interessante. Lo scenario che adesso ci si pone davanti è caratterizzato quindi dalla crisi e da tutto ciò che è legato alla crisi, come la riduzione delle attività produttive, l’espulsione della manodopera specializzata dalle imprese, l’aumento del lavoro nero e ulteriori tagli alla sicurezza. Tutti questi aspetti fanno sì che da parte degli organi competenti ci sia molta meno attenzione sulla prevenzione e sulla repressione dell’illegalità proprio perché non ci sono risorse economiche necessarie per poter fare delle adeguate ispezioni».



 

(Claudio Perlini)         

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