Roma. Entro una settimana il Tar del Lazio dovrà pubblicare il dispositivo della sentenza con la quale deciderà chi ha realmente ragione nella tanto discussa aggiudicazione della gara di appalto da 560 milioni di euro assegnata al gruppo Vianini, di Caltagirone, Salini Costruttori e Ansaldo Sts per il prolungamento della linea B della metropolitana romana di due fermate, San Basilio e Torraccia-Casal Monastero. Infatti nel ricorso, i ricorrenti Acer e Cmb sostengono che Salini e Vianini si sarebbero aggiudicate l’appalto impegnando risorse nelle operazioni di valorizzazione immobiliare, che saranno poi sempre a carico del Comune di Roma, e non nel project financing dell’opera. Inoltre viene lanciata l’accusa secondo cui l’offerta del trio di aziende sarebbe «non conveniente oltreché del tutto inidonea ed inappropriata al perseguimento dell’interesse pubblico sotteso all’affidamento in concessione del prolungamento della linea B in quanto ha posto a disposizione del Comune ridottissime risorse economiche private, con conseguente abnorme incremento del canone di disponibilità a carico dell’amministrazione, e in quanto ha esonerato l’aggiudicatario da qualsivoglia rischio economico inerente alla gestione dell’opera». Infine i ricorrenti sostengono che l’offerta presentata dal gruppo Vianini-Salini-Ansaldo sia stata modificata ancora a gara aperta, in violazione quindi del principio di unicità dell’offerta. I legali del gruppo vincitore, invece, sostengono l’assoluta correttezza dello svolgimento della gara, anzi, Acer e Cmb dovevano anche «essere escluse perché inopportunamente avevano fatto delle variazioni al progetto non conformi alla strumentazione urbanistica del Comune di Roma». Si attende quindi l’importante verdetto del Tar, che dovrebbe pronunciarsi entro una settimana: se il ricorso dovesse essere accolto, il gruppo Vianini-Salini-Ansaldo verrebbe escluso, e l’opera passerebbe o ai ricorrenti o riassegnata attraverso una nuova gara. In caso contrario, tutto andrà avanti con gli attuali vincitori dell’appalto. Per capire meglio la delicata situazione e per immaginare gli scenari futuri, IlSussidiario.net ha contattato Andrea Giuricin, ricercatore del CRIET (Centro di Ricerca Interuniversitario sull’Economia del Territorio) presso l’Università Bicocca di Milano: «Senza entrare nella questione puramente legale, che dovrà valutare esclusivamente il Tar, posso dire che questa vicenda rispecchia un modo di fare tipicamente italiano riguardo le infrastrutture. Esiste evidentemente un processo mal funzionante riguardo l’assegnazione delle infrastrutture e nel fare le opere infrastrutturali in Italia, e questo perché tutte le volte si rende sempre necessario ricorrere al Tar, o comunque si finisce con l’andare sempre troppo per le lunghe, quando negli altri paesi, dopo che un’opera è stata assegnata, si inizia praticamente subito. Definirei quindi patologica la situazione del nostro Paese, e questo è anche uno dei motivi per i quali non riusciamo mai a fare velocemente delle opere e in maniera efficace. In questo caso specifico, se sarà necessario rifare la gara i tempi si allungheranno ulteriormente, nonostante si tratti solo di due nuove stazioni che, se inizialmente previste in cinque anni, saranno pronte non prima di sette, forse otto anni, giusto in tempo forse per le Olimpiadi di Roma del 2020, naturalmente nel caso in cui venissero assegnate alla capitale.
Questo prolungamento della linea B è relativamente importante, ma il problema è che viene confermato il fatto che come sempre in Italia non si è capaci di organizzare i processi di gara per assegnare la costruzione e la gestione delle opere infrastrutturali. Riguardo alle gare, innanzitutto questa è un’opera in project financing, in cui vengono utilizzati dei fondi privati: le metropolitane risultano di solito molto remunerative, come anche i parcheggi annessi, così l’interesse nei loro confronti è solitamente alto. In Italia una riforma sulle gare è però veramente necessaria, e spero che questo nuovo governo tecnico sia in grado di mettere mano per poter accelerare tutti quei processi necessari per arrivare alla realizzazione di un’opera: dopo che in Italia è stata fatta una gara, a quel punto non si sa mai se l’opera sarà costruita e in quanto tempo, ma è chiaro che se i tempi venissero rispettati, il privato sarebbe sicuramente più motivato a investire e a organizzare al meglio il suo business plan. Ma se per qualunque motivo il privato non sa mai quanto tempo sarà necessario per costruire quell’opera, è altrettanto chiaro che o non arriverà oppure porterà molti meno soldi: questo perché l’incertezza ha un peso enorme, sia per quanto riguarda l’allungamento dei tempi sia i costi. Vorrei anche sottolineare il problema della fattibilità ambientale, perché molte volte per ottenere il permesso ci vogliono tempi lunghissimi e questo è un altro elemento che provoca enormi ritardi: è quindi essenziale che il nuovo ministro dell’Ambiente Clini abbia le capacità per apportare delle modifiche a questo punto, che porterebbe a realizzazioni molto più veloci e con dei costi notevolmente inferiori. Se tutte queste procedure riuscissero a trovare una riforma, tutte le nostre opere potrebbero essere costruite con molta meno incertezza, che fino ad oggi è stata la caratteristica che ha sempre provocato i danni maggiori».
(Claudio Perlini)