Roma.  Domenica sera un ragazzo di 16 anni, Simone Costa, è morto dopo aver ricevuto un pugno sula tempia da un suo amico per una sigaretta negata. Tutto è avvenuto al centro commerciale Parco Leonardo, a Fiumicino, davanti al cinema Cine Citè, dove i due ragazzi, amici fin da quando erano piccoli, si erano dati appuntamento insieme a un terzo amico. Si scherza, si ride, poi scatta qualcosa, a quanto sembra per una sigaretta negata, e comincia la follia: Ciccio, l’amico di Simone, sferra un violento pugno dritto sulla tempia del sedicenne, che prima si accascia su una sedia, e poi a terra. I vigilantes del centro commerciale hanno poi fatto sapere di essere arrivati subito sul luogo, dove hanno «provato a rianimare il ragazzo, che aveva la lingua girata. Dopo pochissimi minuti è intervenuto il personale sanitario di un’associazione di volontariato che ha un presidio proprio al Parco Leonardo», ma per Simone non c’era più nulla da fare. Dopo l’accaduto Ciccio non ha mai smesso di piangere e, dopo essere stato accusato di omicidio preterintenzionale, è stato trasferito nel carcere di Casal del Marmo: «Non volevo fargli male, è cominciato per una stupidaggine. – ha detto subito dopo l’arresto – Lui ha dato un pugno a me, io uno a lui. Ditemi come sta». In centinaia, tra amici e parenti di Simone, sono accorsi ieri sera davanti al poliambulatorio dove il ragazzo è stato trasportato e, tra le urla disperate della madre e i volti rigati dalle lacrime, nessuno ancora riesce a credere a quello che è successo. Ha commentato la vicenda anche il sindaco di Fiumicino, Mario Canapini: «La comunità cittadina di Fiumicino è incredula e profondamente commossa, e si interroga su come possa consumarsi un simile tragico evento tra due adolescenti tra loro amici. Ci stringiamo tutti nel dolore alla famiglia di Simone, comprendendo quanto sia per loro impossibile accettare la morte avvenuta in circostanze simili». IlSussidiario.net ha chiesto un parere a Mario Pollo, Professore di Pedagogia Generale e Sociale della Facoltà di Scienze della Formazione della Lumsa di Roma: «Da quanto si legge mi sembra chiaro che il ragazzo che ha sferrato il pugno non avesse alcuna intenzione di uccidere, ma il problema è che un gesto sconsiderato come questo può produrre conseguenze imprevedibili. E’ importante sottolineare che in questo caso il comportamento violento è avvenuto per motivi futili, quindi dietro a questo gesto è come se ci fosse un tema di fragilità personale: in questa nostra fase storica e culturale, gli adolescenti fanno molta più fatica che in passato a definire i confini della propria identità e del proprio io, perché la realtà culturale in cui vivono non offre loro percorsi chiari, anzi, fornisce addirittura loro delle identità cangianti, legate all’immagine esterna e all’apparire. Soprattutto non viene offerta la capacità di riconoscimento dell’altro come essere umano, con la sua complessità e con il suo mistero, che viene così percepito più come “simulacro” che come persona in carne ed ossa, come direbbe Baudrillard. In questa situazione, come ha detto Durkheim alla fine dell’Ottocento, quando c’è un indebolimento della dinamica identità-alterità, allora si genera la violenza, e si spiega il perché di questa reazione sconsiderata per un motivo talmente futile, come una sigaretta negata: in questo caso, la negazione viene vissuta quasi come un rifiuto della persona e dell’identità, andando molto più in profondità della sigaretta in sé.



L’altro elemento da tenere in considerazione è invece il fatto di non essere abituati a prevedere e ad assumere responsabilità nei confronti delle conseguenze delle proprie azioni: c’è da questo punto di vista una sorta di fatalismo, in cui non c’è la consapevolezza preventiva di cosa può significare un gesto di quel tipo. Successivamente, una volta che l’evento si è generato, ecco l’assoluto stupore e incapacità di accettarlo e riconoscere di averlo fatto veramente, nonostante si abbia la prima responsabilità. Questo è un altro elemento di debolezza che oggi c’è nella nostra realtà, e che non riguarda solo gli adolescenti ma anche gli adulti, che consiste proprio in questa incapacità non solo di prevedere le conseguenze, ma anche di assumersene la responsabilità». Secondo il professor Pollo, anche il luogo dove è avvenuta la tragedia è da considerarsi rilevante, perché «si tratta dell’aspetto tipico dei cosiddetti non-luoghi: un grande centro commerciale appartiene a quella categoria definita da Marc Augé non-luoghi. Un luogo è uno spazio umanizzato in cui una persona riceve un’identità dall’appartenenza al luogo, che ha specifiche caratteristiche e particolari che lo caratterizzano. I non-luoghi non hanno nessuna di queste caratteristiche, e sono solamente fondati sulla razionalità strumentale, sugli aspetti e sull’efficienza economica, e sotto questo punto di vista sono totalmente privi di quelle caratteristiche che contrassegnano i luoghi umani: sono quindi spazi assolutamente neutrali, che non esercitano alcuna tensione “normativa”, valoriale e di controllo sociale sulle persone che sono all’interno, per cui molti giovani si ritrovano in questi spazi proprio perché luoghi totalmente neutri, ma dove è anche più facile che qualche situazione degeneri».       



 

(Claudio Perlini)

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